MONZA – Sofia, storia di una bambina nata due volte. Grazie alla tenacia e alla determinazione dei suoi genitori che non si sono mai arresi e si sono opposti a quella sentenza di morte che i medici avevano dato alla sua mamma all’ottavo mese di gravidanza.
Aborto immediato: questo il consiglio giunto dagli specialisti. In Italia è illegale, ma i medici le avevano fornito tutte le indicazioni per i centri esteri che lo praticano.
Ma mamma Marta e papà Gabriele si sono opposti. Sofia è nata e oggi è una dolcissima bambina di quasi tre anni che pian piano sta rinascendo. Malgrado la tubuliponatia dalla quale è affetta, una malattia molto rara che provoca ritardi psicomotori e che nei casi più gravi ad andamento degenerativo porta alla morte.
Una storia d’amore, ma anche di grande sofferenza, quella che vede come protagonisti due giovani genitori monzesi: Marta Paddeu e Gabriele Maggi che hanno deciso di dar vita all’associazione S.P.R.IN.T per garantire sostegno ai genitori che stanno vivendo e vivranno il dramma di questa forma di malattia rara, per garantire ai bambini i migliori percorsi di riabilitazione e per sostenere la ricerca su questa patologia di cui oggi sono stati diagnosticati solo 17 casi nel mondo (di cui 3 in Italia).
Sabato mattina al Binario 7 si è svolta la conferenza stampa di presentazione dell’associazione, tenuta a battesimo da Anna Mancuso presidente di “Salute Donna” che ha anche annunciato l’inserimento della neonata onlus nel progetto “La salute un bene da difendere un diritto da promuovere” per dare voci ai pazienti e ai loro familiari ai tavoli di confronto con le istituzioni.
Una storia raccontata con passione e determinazione da mamma Marta che si è battuta come una leonessa per garantire un futuro alla sua bambina. “Ci avevano dipinto la peggiore delle ipotesi – racconta – Per i medici Sofia sarebbe stata resistente ai farmaci e non gestibile a domicilio. Per lei non ci sarebbe stato futuro, quindi ci hanno indirizzato ai centri stranieri che praticano l’aborto all’ottavo mese”.
Ma Marta e Gabriele si sono opposti con tutte le loro forze.
“Poi è iniziato il percorso fisioterapico – prosegue Marta – Al massimo quattro ore a settimana senza alcuna indicazione per poter proseguire la riabilitazione a domicilio. Se non il caloroso invito, quando Sofia aveva undici mesi, ad adottare un ausilio posturale che la aiutasse a tenere la testa dritta. Un ausilio che le sarebbe servito fino ai 5 anni”.
Quella sentenza di morte, o meglio di una mancanza di futuro della piccola, auspicato dai medici all’ottavo mese di gravidanza sembrava ripetersi. Ma mamma Marta, con una laurea in pedagogia e una specializzazione in disabilità, non si è arresa. Aveva capito che Sofia aveva potenzialità che andavano stimolate, ma non per quattro ore alla settimana, ma quotidianamente.
Poi, un giorno, papà Gabriele ha trovato un articolo giornalistico che raccontava di un particolare trattamento riabilitativo per questa patologia in Israele. Un percorso non riconosciuto in Italia, totalmente a carico dei genitori, che hanno deciso di intraprendere questa strada che li ha portati fino a Tel Aviv. Un percorso molto costoso, ma che sta dando importanti risultati.
“Ogni mese la terapista da Israele viene a Monza dove resta una settimana e organizza il programma terapeutico di Sofia – continua Marta – Un programma calato nella sua quotidianità, con esercizi che vengono ripetuti anche nel corso della giornata. Certo c’è ancora molta strada da fare, ma oggi Sofia sta seduta da sola, sorride, percepisce quello che le accade intorno, gioca con i suoi peluche, mangia e beve autonomamente”.
Un vero miracolo, rispetto a quanto pronosticato dai medici e dai fisioterapisti. Oggi Sofia è rinata; ancora una volta grazie all’immenso amore, coraggio e tenacia di mamma e papà.
Barbara Apicella