MONZA – “Per favore fate qualcosa. Per favore fate in modo che non ci siano in Italia altri 8.050 imprenditori che si toglieranno la vita perché la loro azienda è fallita”.
Questo è successo in Italia negli ultimi anni, questo è l’appello che Sergio Bramini ha lanciato al Parlamento Europeo dove il 12 luglio è intervenuto per portare la sua testimonianza sui ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione.
Con toni educati ma decisi, senza mai alzare la voce e infervorarsi, Sergio Bramini ha invocato gli europarlamentari affinché quanto accaduto a lui non si ripeta. “Io mi sento anche un cittadino europeo – ha proseguito – Ed è per questo motivo che vi chiedo di intervenire affinché chi ha chiuso non per colpa e ha perso tutto venga risarcito dallo Stato. Uno Stato che non deve più trasformarsi da carnefice in aguzzino, come invece è accaduto nel mio caso”.
Un intervento di poco più di cinque minuti durante il quale l’imprenditore monzese fallito a causa dello Stato ha ripercorso brevemente la sua vicenda, ma ha voluto puntare l’attenzione soprattutto sulla situazione delle piccole imprese italiane, spina dorsale dell’economia nazionale.
“Ho aperto la mia azienda (Icom, ndr) nel 1973 arrivando a fatturare 5 milioni di euro all’anno – ha continuato – Lavoravo nel settore dello smaltimento dei rifiuti e negli anni Novanta, non essendoci al Nord più spazi negli appalti pubblici, sono andato al Sud”.
Il resto è cronaca nota: Sergio Bramini ha cercato di tenere duro sperando che la Pubblica Amministrazione saldasse il debito (“Avevo fatture di quattro e anche sette anni che ancora non erano state saldate”, ha ricordato); ha cercato di salvare la sua azienda e i suoi dipendenti (“La piccola impresa era come una famiglia, conoscevo tutti i miei dipendenti e le loro storie, la maggior parte avevano anche figli”, ha aggiunto). Ma alla fine si è dovuto arrendere: il 24 marzo 2011 Sergio Bramini è andato in Tribunale a dichiarare il fallimento improprio.
“Chiedo a voi di fare qualcosa – ha continuato rivolgendosi agli europarlamentari – Per chi si trova nella mia situazione e per chi rischia di chiudere senza colpa”.
E per chi, come Sergio Bramini, rischia di rimanere anche senza un a casa, dopo lo sloggio forzato dello scorso maggio. “Avevo investito nella casa per viverci e negli uffici per lavorare”, ha aggiunto con grande dignità e fermezza.
Barbara Apicella