Di fronte alle superstar di oggi e alla preparazione quasi scientifica che le accompagna, la storia di questa donna fa quasi sorridere. E’ comunque passata alla storia: perché Elizabeth Robinson, il 31 luglio 1928, alle Olimpiadi di Amsterdam è la prima donna a vincere una gara a cinque cerchi nell’atletica leggera.
Non la prima medaglia in assoluto, a dire il vero, visto che per 25 minuti questo primato spetta alla discobola polacca Halina Konopacka, ma almeno nella corsa sì. La specialità principe dell’atletica leggera.
Robinson ha talento e grinta, questo è fuor di dubbio, ma il modo in cui arriva alla medaglia è davvero incredibile. Partiamo da lontano: il primo motivo di stupore è già dovuto al suo approccio con l’atletica leggera. Vi arriva dopo che un’insegnante della scuola la vede correre per non perdere il treno. Meravigliata, decide di farle fare un test. Dimenticatevi i metodi sofisticati di oggi: si tratta di una semplice prova nel corridoio della scuola, che la prof ritiene più che soddisfacente.
Col senno di poi, ha certamente ragione. Non solo perché alla sua prima corsa la brava Betty stabilise il record del mondo sui 100 metri piani fermando il cronometro dopo 12″. Ma anche perché, arrivata alle Olimpiadi a quattro mesi di distanza dal suo debutto, alla sua prima gara all’aperto si mette al collo la medaglia più importante. Concluderà l’edizione olimpica di Amsterdam anche con un argento nella staffetta 4×100.
Quanto la sua carriera sembra ormai orientata verso il successo, succede però il fattaccio. Nel 1931 precipita l’aereo biplano su cui sta viaggiando con il cugino. Non è morta, come all’inizio credono tutti, ma le conseguenze saranno pesanti: in coma sette settimane, commozione cerebrale, fratture agli arti. Riuscirà a tornare a camminare dopo due anni.
A lei non basta. Il suo sogno è tornare a correre. Sembra impensabile, anche alla fine di tutta la riabilitazione non riesce a piegare la gamba per mettersi allo start. Poco male: alle Olimpiadi di Berlino del 1936, a cinque anni di distanza dall’incidente aereo, lei si presenta alla partenza per correre la staffetta. Lì non è costretta, se riceve il testimone dalle compagne di squadra, a piegarsi per partire.
Il finale sembra quello di un film. A dominare è la squadra tedesca che, nell’ultimo cambio, pasticcia perdendo il testimone. A involarsi verso il traguardo sono gli Stati Uniti. Per lei è il secondo oro olimpico, che giunge dopo un periodo che definire travagliato è dire poco. Per tutti, invece, è il lieto fine scritto da una donna tutta grinta. Il suo nome, oggi, non dice più nulla a nessuno. Ma chi vuole riscoprire queste pagine di storia, avrà di certo molto da imparare.
Gualfrido Galimberti