MILANO – Caldo torrido e ozono alle stelle anche in Lombardia. Da Cremona a Bergamo, da Saronno a Monza, da Cantù a Brescia, negli ultimi giorni le centraline Arpa in molti luoghi hanno registrato livelli medi di concentrazione di ozono da allarme. A farne le spese sono come sempre i cittadini: le ondate di calore possono avere effetti nocivi per la salute, soprattutto per gli anziani e gli ammalati, quando le temperature diurne superano i 35° C e quelle notturne non scendono sotto i 25°C. Nelle aree urbane il caldo oltretutto aumenta per l’effetto di asfalto, auto e sistemi di condizionamento e può arrivare ad aumentare la temperatura anche di 4-5 gradi.
“Come ogni estate continuiamo a leggere bollettini di guerra dello smog – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia -. Non è più rimandabile un’azione energica ed organica delle istituzioni, a partire da Regione Lombardia, per ridurre l’impatto del calore nei centri urbani. Vanno incentivate nelle città azioni coraggiose di adattamento al cambiamento climatico e di riduzione del traffico veicolare. A partire dal blocco di tutti i diesel,perché ormai è chiara la loro enorme responsabilità enorme come fonte primaria di inquinamento. La salute dei lombardi deve essere una priorità della politica”.
Del resto la concentrazione di ozono non si può definire un’emergenza inaspettata. In particolare l’area pedemontana lombarda è notoriamente uno dei luoghi che soffre maggiormente per le elevate concentrazioni di ozono. Questo gas si forma a partire da altre sostanze inquinanti (ossidi d’azoto e molecole organiche volatili) solo in presenza di intensa radiazione solare, quindi nelle ore diurne e nei paesi di latitudine mediterranea. La scarsità di vento e le elevate concentrazioni di inquinanti primari precursori dell’ozono concorrono a fare delle fasce pedemontane della Lombardia una delle principali aree di concentrazione di questo inquinamento in Europa.
Negli ultimi giorni molte centraline hanno registrato valori preoccupanti: per esempio a Cremona ieri la media giornaliera – misurata su otto ore – è stata di 192 microgrammi per metro cubo, il 31 luglio a Brescia è stata di 209 microgrammi/m3 e a Bergamo via Meucci è arrivata addirittura a 221. Un problema che coinvolge tutto il territorio: l’1 agosto tutte le centraline Arpa in funzione hanno registrato un dato medio superiore al valore obiettivo definito dalla legge: dai 129 microgrammi/m3 di Sondrio ai 167 di Viadana (Mn), dai 151 di Voghera (Pv) ai 184 di Valmadrera (Lc).
La legge definisce infatti un valore obiettivo per la protezione della salute pari a 120 microgrammi/m3 come massima media mobile giornaliera calcolata su otto ore. Un valore da non superare per più di 25 giorni per anno civile, come media su tre anni. Al di là dei 120 microgrammi/m3 scatta la soglia di informazione (fino a 180 microgrammi/m3), definita come il livello oltre il quale esiste un rischio per la salute umana in caso di esposizione di breve durata per alcuni gruppi particolarmente sensibili della popolazione nel suo complesso ed il cui raggiungimento impone di assicurare informazioni adeguate e tempestive. La soglia di allarme, fino a 240 microgrammi/m3, invece rappresenta il livello oltre il quale sussiste un rischio per la salute umana in caso di esposizione di breve durata per la popolazione nel suo complesso ed il cui raggiungimento impone di adottare provvedimenti immediati.