Una vita dai tratti misteriosi, una morte che non è da meno. Una sola certezza: Lucio Battisti, considerato uno dei più grandi cantanti italiani di ogni epoca, muore ufficialmente il 9 settembre 1998. Sono passati vent’anni da quando l’ospedale San Paolo di Milano, con uno scarno bollettino medico, rivela il decesso “per intervenute complicanze in un quadro clinico seveso sin dall’esordio”. Frase che dice tutto e nulla, con la verità che rimarrà consociuta esclusivamente dai familiari.
Non ci si può aspettare del resto nulla di diverso per uno che, nella sua vita, al di là del talento nella professione, si è distinto soprattutto per la sua riservatezza. Di più: per essere addirittura sparito inspiegabilmente dalla circolazione.
Di certo come musicista va iscritto di diritto tra i grandi. Quella voce inconfondibile – ma quello dipende da madre natura – ma anche quella dedizione totale, quella capacità di essere non solo bravo a interpretare, ma anche a comporre, a innovare, a cambiare la canzone italiana del momento. Non è un caso se nella sua carriera, tutto sommato nemmeno lunga, arriva a vendere la bellezza di 25 milioni di dischi.
La passione per la musica l’ha fin da giovane. La leggenda vuole che sia lui a chiedere ai genitori una chitarra quale regalo per la promozione all’esame di terza media. Autodidatta, ma l’entusiasmo non gli manca. Suona fino allo sfinimento, ma imparerà a padroneggiare davvero lo strumento. Il suo esordio nella musica, a 20 anni, avviene nel gruppo “Gli Svitati” proprio in qualità di chitarrista.
Purtroppo l’interesse per la musica appare fin troppo eccessivo. E’ il padre a scendere a patti con lui: “Tu pensa a finire gli studi, io in cambio firmo per la tua esenzione dal militare quale figlio di un invalido di guerra. E, per due anni, ti permetterò di metterti alla prova come musicista”.
Così avviene. L’esordio, tuttavia, è meno esaltante di quello che il giovane Lucio si aspetta. Si ritrova un po’ per un colpo di fortuna nei “Campioni”, come chitarrista, per la rinuncia di un altro artista. E’ il suo trasferimento a Milano. Non lascerà mai più la Lombardia.
Con i “Campioni” non avrà un gran successo, ma avrà la possibilità di andare in tournée all’estero e di conoscere nuovi stili musicali. Per lui un colpo di fulmine. Nel 1965 si presenta così a un provino, viene notato da Christine Leroux, una francese che si occupa di scovare giovani talenti. Sarà lei a metterlo in contatto con Mogol.
A distanza di anni lo stesso Mogol racconterà di non essere rimasto impressionato dalle doti di Battisti. Gli concede però una chance perché gli piace come ragazzo, umile, desideroso di imparare. Tutt’altro che superbo: compone le canzoni, ma non si ritiene nemmeno in grado di cantarle. Sarà lo stesso Mogol a spronarlo.
Succede così che nel 1966 Battisti si presenta come cantante solista a Sanremo. Non ottiene un gran successo di pubblico, ma impressiona gli addetti ai lavori. Con Mogol nel 1967 compone “29 settembre”, che sarà portato al successo dagli Equipe 84. Firma altri brani che “sfondano”, poi prova con un suo secondo singolo. Il risultato? Ancora un flop. La sorte sembra essere la stessa nel 1968: il disco “Prigioniero del mondo/Balla Linda” non va granché alla manifestazione “Un disco per l’estate 1968”. La svolta, sempre con “Balla Linda”, al Cantagiro dello stesso anno. Per la prima volta nella sua carriera finisce anche nella hit parade.
E’ il trampolino di lancio che nel 1969 gli permetterà di partecipare ai festival più importanti. Non senza critiche. La giornalista Natalia Aspesi è tutt’altro che tenera con lui e con la sua voce (“Sembrano chiodi che stridono in gola”). Lui tira dritto. E’ l’anno dei suoi più grandi successi che ancora conosciamo. Li pubblica in sequenza. Il 14 ottobre esce “Mi ritorni in mente/7 e 40”. Arriverà al primo posto della classifica dei dischi più venduti. Da lì in poi, sforna successi a ripetizione. Il duo Battisti/Mogol fa la storia della musica italiana. Nel 1973, addirittura, ci sono due suoi album nei primi due posti della hit parade. Terzo, staccatissimo, il successo mondiale “The dark side of the moon” dei Pink Floyd.
Sono però anche gli anni in cui inizia ad allontanarsi sempre di più dai mass media e, progressivamente, dal pubblico. Stop alle fotografie, alle interviste, alla vita pubblica. Con la nascita del figlio, nel 1973, protetto dalla curiosità della stampa, la rottura definitiva. Comparirà per l’ultima volta in televisione agli inizi degli anni ’80, pare per aver perso una scommessa con gli amici. Sono anche gli anni della storica rottura con Mogol. Con gli anni ’90, invece, sparisce proprio dalla circolazione. Perfino Rai 1 gli dedica un programma parlando di avvistamenti di Battisti, mai confermati. Nel 1998, sempre nella massima riservatezza, finisce anche in ospedale. La voce si diffonde sul finire del mese di agosto. Vi rimarrà 11 giorni. Spostato l’8 settembre nel reparto di terapian intensiva dell’ospedale San Paolo e deceduto meno di 24 ore più tardi.
Al funerale celebrato a Molteno soltanto 20 le persone ammesse. Anche l’ultimo saluto in perfetto stile Battisti.