MONZA – Un romanzo scritto a più mani dalla “Rinomata Offelleria Briantea”. Un romanzo scritto da quattro amici che raccontano quella Monza anni Novanta che tanti lettori hanno vissuto da adolescenti e ragazzi. E quei ragazzi di allora, oggi uomini, la ricordano e la presentano.
Un primo esperimento, una prima fatica letteraria quella del romanzo “Ventinovecento” (edizioni Pagina 1), frutto del lavoro del piccolo collettivo di scrittura “Rinomata Offelleria Briantea” costituito dai brianzoli Michele Cortellini, Luigi Limonta, Matteo Pozzi e Lorenzo Sala. Quattro vite e quattro percorsi diversi alle spalle, la passione per la scrittura e il raccontare che ha portato alle stampe la prima opera intitolata “Ventinovecento”. Come quel 20900 che corrisponde al codice di avviamento postale di Monza. Perché, anche se siamo nel tempo dei social e della rete, è bello inviare come negli anni Novanta una lettera (in questo caso un libro) alla nostra città, nella quale non sempre vengono espressi sentimenti d’amore. Un romanzo che, come gli stessi autori lo hanno definito, è di formazione destrutturato, un tuffo nel tempo, in un’Italia e una Monza che oggi non ci sono più.
Ma è a loro, alle anima del piccolo collettivo di scrittura, che abbiamo chiesto qualche delucidazione in più su questo progetto che ha sfornato il primo lavoro “made in Monza”, dedicato alla città di Teodolinda.
Che cosa significa romanzo di formazione destrutturato?
È un’etichetta, quella di “romanzo di formazione destrutturato”, che abbiamo adottato per riferirici al tentativo di sperimentare un forma diversa rispetto alla classica struttura del romanzo come sequenza logica di scene che compongono una trama lineare. Non è proprio il caso del nostro libro, che Matteo ama presentare più come una “poesia lunga” che come un “romanzo breve”. Questa forma – non lineare appunto, ma ripetutamente circolare – è quella che ci è parsa più fedele rispetto al contenuto delle esistenze dei personaggi.
Perché avete deciso di scrivere un romanzo a quattro mani?
Le mani in realtà sono otto, considerando la cosiddetta “tradizione orale” come strumento di narrazione, nel momento in cui qualcun altro la riporta per iscritto. Insomma: qualcuno aveva qualcosa da raccontare, qualcuno aveva voglia di scriverlo, altri volevano leggerlo.
Durante la lavorazione dell’opera quali sono state le difficoltà, ma anche la bellezza di scrivere a più mani?
Mettere insieme diverse teste e farle ragionare all’unisono è complesso in qualsiasi contesto. A partire dai banali problemi organizzativi: ognuno vive le proprie problematiche quotidiane, cercando di ricavarsi dello spazio per attività di pura passione (e dall’esito incerto, almeno all’inizio) come questa. D’altro canto gli stimoli possono essere maggiori, gli spunti provenire da più fonti. Ricordiamo vividamente quella sera di ormai tre anni fa in cui abbiamo letto il primo capitolo “compiuto”; rileggerlo di recente con il libro in mano è stata una bella emozione.
È un libro in parte autobiografico?
“Attenzione: “Ventinovecento” è una storia simile. Non vera, o forse sì, ma non importa. Simile. Simile alle storie di tanti ragazzi di una delle province più ricche e incoscienti d’Italia: quella di Monza e Brianza.” Queste sono le parole con cui inizia il nostro libro, ed è quanto è dato sapere.
Nostalgia di quegli anni?
Chiunque ha nostalgia degli anni dell’incoscienza giovanile; per noi “Xennials” sono stati gli Anni Novanta. Rivendichiamo il diritto alla nostalgia, siamo allineati col pensiero di Romano de “La Grande Bellezza”: “cosa avete contro la nostalgia, eh? È l’unico svago che ci resta per chi è diffidente verso il futuro. L’unico”.
Che cosa non possono capire i ragazzi di oggi della nostra generazione?
Una cosa precisamente ci distingue dai ragazzi nati appunto negli Anni Novanta. Loro sono cresciuti disillusi, già consapevoli e disincantati sul mondo che li avrebbe circondati. Noi siamo stati ingannati, le sequenze della vita che ci sono state prospettate non sono state mantenute; la sceneggiatura è stata stravolta. Uno stravolgimento lento e graduale, senza che ci fosse consentito prenderne coscienza. Le nuove generazioni sono più preparate, pianificano viaggi dall’altra parte del mondo fin dall’adolescenza; e le loro mamme glielo consentono.
Non vi resta che leggere il romanzo, ma soprattutto conoscere e confrontarvi con i quattro autori della Rinomata Offelleria Briantea. Segnatevi le prossime date della presentazione del libro: domani giovedì 4 ottobre alle 18.30 a Monza alla libreria “Virginia e Co.” di via Bergamo, domenica 7 ottobre alle 17.30 a Monza alla libreria “Libri e Libri” di via Italia, trasferta poi a Milano il 19 ottobre alle 18.30 da “Open” via Monte Nero 6.
B. Api