MONZA – Al richiamo delle origini non si può resistere. Impossibile pensare a un futuro lontano da quella bottega, dai feltri, dalle macchine che risalgono ancora all’Ottocento, dalle lunghe fasi di realizzazione del prodotto e dalla gioia, una volta ultimato, di ammirare il sorriso del cliente che, soddisfatto, indossa il suo cappello.
Un lavoro, quello del cappellaio, che è nel dna dei monzesi: Monza infatti non è solo la città di Teodolinda, dell’Autodromo, del Parco e della Villa Reale, ma è anche e soprattutto la città dei cappelli. Anche se i cappellifici ormai si contano sulla punta delle dita, e il conto si ferma all’uno.
Solo la famiglia Vimercati continua a produrre i cappelli come si faceva nell’Ottocento. Una catena di montaggio artigianale dove la manualità e la passione del cappellaio portano alla realizzazione di un vero e proprio cappello sartoriale. Ci vogliono in media venti giorni, e venti passaggi, per trasformare la forma anonima del feltro in un cappello da sfoggiare tutti giorni, da indossare nelle occasioni speciali, un cappello semplicemente per ripararsi il capo, o per farsi notare. Perché, dietro al copricapo tanto amato da donne e uomini, si celano mille segreti.
L’ultimo cappellaio monzese ci ha aperto le porte della sua bottega: Fabrizio Vimercati, con la sorella Elisa e il cugino Roberto, porta avanti la tradizione del papà Marco e dello zio Giuseppe, ereditata a loro volta dal nonno Gabriele e dallo zio Giulio che nel 1953 inaugurano il cappellificio Vimercati.
Un luogo magico: la bottega di via Macallè proietta i visitatori nel passato, in quell’Ottocento dove la manualità e la creatività dell’uomo non erano ancora state soppiantate dalle macchine. Macchine che nella fabbrica risalgono ancora all’epoca: nulla è cambiato, la produzione è quella di allora.
“Il metodo è rimasto immutato – spiega Fabrizio Vimercati, 39 anni, una laurea in Marketing ma la scelta di proseguire nell’azienda di famiglia utilizzando i suoi studi per rilanciare la produzione del cappello ampliandosi anche ai mercati internazionali – L’unico pezzo che non produciamo in loco è la cappellina. Per farla ci vorrebbe una fabbrica a parte: ce la facciamo arrivare dal Portogallo, esportatore mondiale del prodotto”.
Poi tutti i passaggi vengono eseguiti in casa: una produzione metodica, precisa, rigida e che non può essere velocizzata. “Per realizzare un buon cappello ci vogliono tra i quindici e i venti giorni – prosegue Fabrizio – Ogni passaggio necessita poi del riposo del prodotto”. E la differenza alla fine non solo si vede, ma si sente al tatto della mano e della testa che indossa un cappello di qualità.
Eccellenza del prodotto e della manodopera sono gli elementi che fanno la differenza. Non è facile rimanere fedeli all’antica tradizione del mastro cappellaio: la concorrenza della manodopera straniera a basso costo e di una materia prima non d’eccellenza invogliano il cliente a ripiegarsi su un prodotto più economico. Ma è proprio l’aver mantenuto fede agli insegnamenti del nonno prima e dei papà dopo il segreto del successo del cappellai Vimercati.
Un cappello “made in Monza”, quello del brand “VimercatiHats 1953”: qui emergono gli studi di Fabrizio, ma soprattutto l’amore che lui, la sorella e il cugino hanno per questo patrimonio ereditato dai genitori. Ci mostrano tutte le fasi di produzione: l’apprettatura, la battiala, l’informatura, la rasatura, la pressatura, la sabbiosa, la rifilatrice, il guarnissaggio, la plottatrice, la passatura finale. In tutte le fasi di lavorazione, ad eccezione del solo guarnissaggio, il cappellaio per modellare e dare la forma al cappello utilizza solo il vapore. Sui marocchini, già tagliato, vengono poi stampati a caldo i marchi. Lo stesso vale per le fodere realizzate con tessuti 100% made in Italy.
Un brand il VimercatiHats 1953 che è stato introdotto solo dalla terza generazione: nel pieno della crisi e con la difficoltà dei piccoli imprenditori di andare avanti Fabrizio, Elisa e Roberto hanno avuto l’intuizione di rilanciare l’attività di famiglia, mantenendo inalterato quanto imparato dai genitori, ma usando le nuove tecnologie e il marketing per guardare oltre ed esportare fuori dall’Italia. “Non è stato facile – confida Fabrizio – E’ stata una grande impresa convincere mio padre e mio zio ad aprire il sito Internet e poi adesso anche la bottega al pubblico con visite guidate”.
Non è facile: sacrifici, tante ore di lavoro e un mercato che ormai, per il cappello di qualità, parla poco o niente l’italiano. “L’export è soprattutto in Israele – spiega Fabrizio – Nei momenti d’oro in azienda lavoravano 17 operai, oggi siamo in 7”. Il cappello made in Monza affascina, perché dietro alla storia c’è la volontà di adeguarsi ai tempi e alle mode: perché anche il rito di indossare il cappello è cambiato.
“Il cappello è un elemento di distinzione – aggiunge Fabrizio – Noi ci distinguiamo per la realizzazione di un cappello sartoriale, fatto su misura”.
Se questo mondo vi ha affascinato, allora segnatevi questa data in agenda: il 19 ottobre alle 18 ai Musei Civici di Monza verrà inaugurata la mostra ““Chapeau! L’industria del cappello a Monza tra ‘800 e ‘900”: esposizione di numerosi documenti, oggetti e macchine d’epoca, un tuffo nel mondo dei cappellifici dalle fasi iniziali al pieno sviluppo, fino al declino e quasi totale scomparsa, della fabbricazione dei cappelli, un’importante attività produttiva che ha caratterizzato la vita economica di Monza a cavallo tra ’800 e ‘900.
La mostra, curata dal Museo Etnologico di Monza e Brianza, si avvale di molti contributi scientifici e materiali, inoltre ha ricevuto il sostegno del Rotary Club Monza Nord – Lissone e della Fondazione di Monza e Brianza onlus.
Barbara Apicella
1 Comment
Interessante verrò senz’altro.Nel lontano 70 ho lavorato come “piccola ” in un cappellificio monzese mi ha trasmesso la passione verso questo accessorio e recentemente me ho realizzato uno molto particolare unico realizzato con il recupero delle linguette delle lattine , Invio la foto e se interessati posso portarlo in visione grazie saluto Nataly ops come posso inviare la foto???