“Che cosa vogliono da me lo Stato e la giustizia? Che compia qualche atto disperato? No, non l0 faccio solo per l’amore verso mio figlio disabile, che come me è stato dimenticato dalle istituzioni: io non voglio pietismo e non sto strumentalizzando la situazione di disabilità del mio bambino per sottrarmi ai doveri di padre. Voglio giustizia ed esigo che vengano garantiti i suoi diritti”.
Una storia di diritti negati, di un amore conclusosi e finito davanti ai giudici, di un padre che è pronto a tutto pur di garantire un futuro dignitoso a quell’ultimogenito che, a causa di una seria sofferenza durante il parto, è nato con una grave disabilità.
Vi raccontiamo la storia di Mario: il nome è di fantasia, perché il protagonista di questa vicenda è un militare e per prassi, prima di rilasciare qualsiasi intervista, deve chiedere il permesso ai superiori. Mario ha 46 anni, vive nel Sud Italia, è un papà separato. Dal primo matrimonio ha avuto due figli, ancora minorenni, e dalla nuova compagna due anni e mezzo fa ha avuto un altro bambino. Un bel maschietto che, purtroppo, al momento della nascita ha subito seri danni motori.
Mario ci racconta la sua vicenda tra la rabbia ma anche la tenacia di andare fino in fondo: ecco la storia di un padre separato e di un genitore di un bambino disabile. “C’è tanta violenza non solo contro le donne, ma anche contro i padri separati – racconta – Violenza da parte di donne che abbiamo amato e che ci hanno donato figli e che poi fanno di tutto per distruggerci. La legge non ci aiuta e le istituzioni non ci vengono incontro”.
Mario sta portando avanti una durissima battaglia legale. “E’ giusto continuare a garantire l’assegno di mantenimento per i miei figli – spiega – Ci mancherebbe altro e ogni mese lo faccio. Ma non trovo corretto dovermi addossare anche le spese di mutuo della casa dove vive la mia ex moglie che, peraltro, lavora e ha uno stipendio assicurato”.
Una situazione che per Mario sta diventando impossibile da gestire, dopo la nascita nel 2016 del terzo figlio. “Con qualche settimana di anticipo sul parto la mia fidanzata ha avuto forti dolori – racconta – L’ho portata immediatamente in ospedale, ma il parto è stato rimandato di due giorni e quando mio figlio è nato era in grave sofferenza. I medici hanno tentato più volte di farlo nascere con le ventose e quando è stato estratto era cianotico, con il cordone ombelicale avvolto attorno al collo, con seri danni motori e la parte destra colpita da emiparesi”.
Mario e la compagna oltre a dover gestire il grande dolore per la nascita di un bambino disabile, hanno dovuto affrontare anche i muri di gomma della burocrazia e della sanità che, non in tutte le regioni italiane, è sinonimo di eccellenza.
“Nostro figlio è in cura all’ospedale Bambino Gesù di Santa Marinella – continua Mario – Ringraziamo i medici, pian piano sta facendo importanti progressi reagendo alle terapie. Ci hanno consigliato anche di iscriverlo all’asilo nido per favorire l’interazione con gli altri bambini”.
Ma è proprio lì che Mario si è imbattuto nel primo muro. “Nella struttura pubblica non ci hanno garantito l’insegnante di sostegno della quale il nostro bambino ha bisogno – prosegue – Inutili le battaglie, gli articoli e le denunce: mi hanno fatto storie e si sono trincerati prima dietro al fatto che il bando era scaduto e poi che avrebbero dovuto accertarsi della disabilità del piccolo, malgrado tutta la documentazione medica e dell’Inps che avevo consegnato. No gli bastava”.
L’unica scelta quella di affidarsi a un istituto paritario pagando la retta mensile, oltre a quella di un’educatrice che quotidianamente per tre ore affianca il piccolo al scuola. “Più di metà stipendio va via solo per la retta e il sostegno – spiega Mario – Su indicazione dei medici lasciamo il bimbo a scuola anche a pranzo: ma non ci possiamo permettere la mensa tutti i giorni”. Il pasto quotidiano a 4,50 euro diventa una spesa troppo onerosa, Mario e la sua compagna hanno perciò deciso di far mangiare il figlio con gli altri bambini solo 3 giorni alla settimana.
“Lo Stato deve venire incontro ai genitori in difficoltà – spiega – Ai padri separati ai quali viene negato di vedere i figli, ai genitori dei bimbi disabili. Hanno istituto persino un Ministero della Disabilità e della Famiglia: ho già inviato email, richieste di incontro. Nulla, silenzio più assoluto”.
Mario è esasperato: non ce la fa più ad andare avanti, a sopportare il macigno della diatriba giudiziaria con la ex moglie e dei muri di gomma che in alcune regioni i genitori di bambini disabili devono affrontare quotidianamente, sballottati da un ufficio all’altro.
“Sto cercando anche una nuova casa, ma non posso aprire il mutuo perché devo pagare quello della mia ex moglie – conclude – Viviamo in 40 metri quadrati e abbiamo bisogno di una stanza in più da adibire a palestra per far fare ogni giorno la riabilitazione al nostro bambino”.
Una storia emblematica quella di Mario: la storia di uno dei tanti papà separati che spesso non hanno neppure modo di incontrare i figli, la storia di un papà di un bambino disabile al quale viene negata anche la dignità di una vita, la storia di un papà pronto a tutto pur di aiutare il suo bambino. Anche a bussare a mille porte, nella speranza che prima o poi qualcuno non solo lo ascolti, ma lo aiuti.
B. Api
2 Comments
Una VERGOGNA.
È SEMPLICEMENTE ISTIGAZIONE AL SUICIDIO DA PARTE DELLO STATO
Ogni tanto qualcuno dei nostri politicanti dovrebbe chiedersi se è giusto sperperare denaro pubblico, dunque di tutti, per costruire
” cattedrali nel deserto,” strade inutili, strutture lasciate a metà nell’incuria generale, opere di dubbia utilità pubblica, trascurando o, volutamente, dimenticando che, nella SCALA DELLE PRIORITÀ DI SPESA, ci dovrebbe essere prima di tutto la vita delle persone, specialmente le più bisognose e in situazioni di disagio. Troppo facile, come in questo caso, lavarsene le mani, lasciando le famiglie nella loro disperata solitudine. Una vergogna tipicamente italiana…..