E’ un cognome ben poco diffuso, ma molto probabilmente è uno di quelli che ogni giorno incosapevolmente pronunciamo più volte. Oggi lo scriviamo anche per il nostro Almanacco perché domani, 24 ottobre, si ricorda la scomparsa di Laszlo Biro avvenuta nel 1985. Sì, proprio lui, l’inventore della biro che tutti quanti ogni giorno stringiamo tra le dita.
Ovviamente bisogna pensare che la sua era un prototipo rispetto a quelle avanzate che troviamo al giorno d’oggi in commercio entrando anche più sguarnita cartoleria. Però quest’uomo, di chiara nazionalità ungherese (di origine ebraica), poi naturalizzato argentino dopo essersi rifugiato in Sudamerica nel corso della Seconda Guerra Mondiale, ci ha semplificato un bel po’ la vita.
E’ un po’ più difficile definire invece il suo mestiere. Se fate qualche ricerca, vi verrà descritto come giornalista. E lo è stato. Ma è stato anche un esperto di ipnosi, pilota, agente di borsa, doganiere, pittore e scultore. Più facile definirlo inventore, visto che forse erano proprio queste le attività che forse non gli davano da vivere, ma lo hanno caratterizzato di più.
Anche in questo caso, giusto per non smentirsi, non rimarrà confinato a un solo ambito di ricerca. Le sue invenzioni spazieranno dalla realizzazione di vetri resistenti alle lavatrici, passando alle serrature per porte blindate e, infine, alla realizzazione di un cambio automatico per le automobili, che la General Motors aveva deciso di fare suo nel 1932 chiedendogli di cedere il brevetto.
Il suo nome, naturalmente, è famoso nel mondo per la biro. A quell’epoca si usa la penna stilografica. Comporta parecchie difficoltà per certe professioni, compresa quella del giornalista che deve prendere appunti anche piuttosto velocemente. La prima intuizione, insieme al fratello che è chimico di professione, è quella di provare a modificare l’inchiostro: non più quello comune, bensì quello utilizzato dalle rotative che stampano i giornali. L’esito è insoddisfacente: è troppo viscoso e rende difficile la scrittura.
Il genio, però, dalla quotidianità e dal semplice episodio è capace di trovare lo spunto giusto. Vedendo i bambini che giocano con le biglie, si accorge che queste, dopo avere attraversato una pozzanghera, lasciano una riga uniforme. Scatta l’idea giusta: inserire sulla punta della penna una piccola sfera che possa agire con lo stesso principio. Idea ulteriormente impreziosita dal fratello, che riesce a ricavare un inchiostro di buona qualità ma con una asciugatura rapida.
Il brevetto viene depositato in Ungheria e in Inghilterra nel 1938. Nel frattempo prosegue il lavoro di sviluppo, mentre il ministro del Regno Unito firma il primo contratto per la fornitura di 30 mila biro. Tutte consegnate agli aviatori, perché funzionano ad alta quota hanno una resa decisamente superiore alla stilografica tradizionale. Per il resto, invece, la commercializzazione è quasi nulla. Il prodotto è davvero costoso, se lo possono permettere in pochi.
Anche Biro non potrà permettersi di continuare con il suo progetto a causa dei costi di produzione elevati e dal basso ritorno economico. Cederà il brevetto al barone italiano, ormai naturalizzato francese, Marcel Bich. Fate uno sforzo con la fantasia, provate a togliere la “h” finale e vi rendete conto che siamo di fronte all’inventore e al maggior prudottore mondiale di biro. O, almeno, quello che è da ricordare a sua volta perché riesce a sdoganarla facendola diventare un prodotto di largo consumo.
Per compiere questo passo decisivo Bich ricorrerà a materiali di minor pregio (così com’è oggi nella filosofia aziendale) e facilitando lo scorrimento dell’inchiostro verso quella magica sfera. Il risultato è miracoloso: costi abbattuti del 90%, il prezzo diventa più accessibile con i suoi 50 centesimi di franco.
Ormai è fatta: dal 1950 questa penna sarà venduta in tutto il mondo. Se Biro quel giorno non si fosse messo a guardare i bambini che giocavano a biglie, chissà oggi con quale tipo di penna saremmo costretti a scrivere.