Se n’è andato il 26 ottobre 1890 lasciando l’eredità non solo a tutta l’Italia, bensì a tutta l’umanità: Carlo Lorenzini, per tutti Carlo Collodi, con il suo Pinocchio ci ha consegnato una lezione di vita, di spensieratezza, di debolezze umane, di buoni insegnamenti. Oltre che, naturalmente, un lavoro che resterà nella storia della letteratura.
Figlio di persone umili, padre cuoco e mamma cameriera. Sarà proprio lei, figlia del fattore che amministrava il podere di Veneri, a due passi da Collodi, dei marchesi Garzoni Venturi a fargli venire l’idea dello pseudonimo.
I suoi genitori lavorano per la famiglia Ginori. Gente con il cuore in mano che permette al giovane Carlo di studiare ricevendo un’ottima istruzione con tanto di conoscenze di filosofia.
Trova facilmente lavoro nella libreria Piatti di Firenze e inizia a collborare con il giornale milanese “L’Italia musicale” dove si costruisce ben presto un’ottima fama e tanta considerazione tra i lettori. Poi scoppia la Prima guerra d’indipendenza: lascia tutto e si arruola volontario. Al ritorno l’unico sbocco che troverà sarà quello delle collaborazioni con le testate umoristiche. Ed è proprio su uno di questi, “La lente”, che nel 1856 compare per la prima volta lo pseudonimo di Collodi.
Partecipa anche alla Seconda guerra d’indipendenza, rituffandosi nella scrittura alla sua conclusione. In particolar modo con attenzione verso il mondo del teatro. Nel 1875, però, l’editore Felice Paggi gli chiede di tradurre le fiabe francesi. Lui va oltre: vi aggiunge una morale, forse prima illuminazione per un progetto che arriverà di lì a poco.
Dopo “Giannettino” (1877) e Minuzzolo (1878), nel 1881 inizia a pubblicare a puntate “Le avventure di Pinocchio” sul “Giornale per i bambini”. Il titolo originario è quello di “Storia di un burattino”.
Si rivela un successone. Lui diventerà anche direttore di quel giornale. La fortuna, tuttavia, gli è avversa: il 26 ottobre 1890, nel momento del suo maggior successo, viene stroncato da un aneurisma.
Ci lascia quella storia, con le puntate che erano state completate e raccolte in un libro nel 1883. Una storia che affascina tutti, grandi e bambini. Negli anni quelle avventure finiranno a teatro e sul grande schermo. Benedetto Croce, il grande critico letterario, dirà: “Il legno in cui è intagliato Pinocchio è l’umanità”. Niente di più vero.