MONZA – La prevenzione del tumore al seno deve essere un appuntamento fisso annuale per ogni donna. Non relegata al mese di ottobre quando ce lo ricordano le iniziative di prevenzione.
Ne è certo il dottor Riccardo Giovanazzi, direttore della Breast Unit e della Senologia dell’ospedale San Gerardo di Monza che in questo mese particolare dedicato alle donne ricorda l’importanza di prendersi cura del proprio corpo e del proprio seno.
“La prevenzione è una sorveglianza principalmente, insieme ad altre attenzioni, che ci aiutano a prevenire l’insorgenza del tumore”, precisa fin da subito. L’approccio al tumore al seno negli ultimi quindici anni è radicalmente cambiato.
Diciamo cosa fare:
“Il primo passo è la visita senologica abbinata, a seconda dell’età, alla mammografia e/o all’ecografia – spiega – Le donne che hanno superato i 40 anni dovrebbero sottoporsi alla mammografia una volta all’anno”.
Ma questo non basta: si suggerisce di intraprendere stili di vita virtuosi. “Stop al sovrappeso, alle eccessive cure ormonali “,precisa il dottor Giovanazzi. Ma oltre a questo sempre più emerge il fattore genetico o meglio la storia famigliare di questa neoplasia. “Oggi nella diagnosi del tumore al seno la familiarità è un elemento peculiare – precisa lo specialista – Il senologo deve valutare la storia familiare della paziente e verificare quanti casi di tumore alla mammella e alle ovaie si sono verificati nei consanguinei perché un elevato numero di casi potrebbe far sospettare una mutazione genetica che predispone alla neoplasia. Non è detto che una donna con una familiarità di tumore al seno sviluppi la neoplasia; così come non è detto che una donna che tra i suoi consanguinei non ha episodi di tumore al seno non lo sviluppi. Il primo passo è comunque rivolgersi al senologo in una struttura specializzata come la Breast Unit di Monza per far valutare il proprio profilo di rischio”.
Quello che è cambiato è proprio il modo di approcciarsi al tumore alla mammella. Un lavoro multidisciplinare con la presa in carico della paziente in tutte le fasi della malattia, condensato nel modello della Breast Unit – in una singola struttura.
“Un modello organizzativo clinico e terapeutico – continua il dottor Giovanazzi – che esprime la collaborazione sinergica tra gli specialisti appositamente formati dalla diagnosi alle successive fasi di cura .”. E’ aumentata la complessità della diagnosi. “Oggi è fondamentale la presenza nell’équipe di un radiologo allenato a riconoscere lesioni piccolissime, che prima le apparecchiature non erano neppure in grado dimostrare. Poi bisogna fare la biopsia per stabilire la natura della lesione: non è detto che tutte le forme sospette all’indagine radiologica siano maligne”.
Un lavoro di squadra che all’ospedale San Gerardo è organizzato all’interno della Breast Unit. “Noi abbiamo un’èquipe di medici radiologi specializzati nella diagnosi radiologica e nell’esecuzione della biopsia più adatta al caso a seconda delle modalità di presentazione della lesione e della tecnologia utilizzata per individuarla- continua il dottor Giovanazzi – Negli ultimi quindici anni la tecnologia ha fatto passi da gigante, con l’avvento di macchinari digitali e di sistemi di biopsia sotto guida radiologica per raggiungere le lesioni più piccole e remote. Per rispondere a questa necessità all’ospedale San Gerardo è stato creato un centro biopsie della mammella”.
Se la diagnosi di neoplasia viene confermata e la donna si deve sottoporre all’intervento chirurgico, anche in questo caso la figura dello specialista è cambiata rispetto all’inizio degli anni Duemila. “I chirurghi sono formati appositamente per interpretare le informazioni che ricevono dalla radiologia – continua il dottor Giovanazzi – eseguendo interventi chirurgici sempre più conservativi, riparando la parte di mammella sana con tecniche che pongono al primo posto l’estetica della figura femminile”.
Un team super specializzato quello che lavora nella Breast Unit di Senologia monzese del quale fa parte anche l’oncologo che a seconda delle caratteristiche biologiche del tumore, in accordo con il radioterapista realizza ad hoc sulla paziente il percorso terapeutico più adatto al caso in valutazione.
Tra le punte di diamante dell’èquipe il San Gerardo vanta la figura del genetista fondamentale per la individuazione delle mutazioni del gene BRCA1 e BRCA2, base che facilita l’insorgenza eredofamiliare del tumore alla mammella.
Altro ambito di rilievo e quello dell’anatomia patologica che ricerca le caratteristiche della neoplasia, per far scegliere la molecola più adatta per sconfiggere il tumore al seno. “Ci sono varie forme e tipi di tumore alla mammella – prosegue Giovanazzi – Bisogna individuare il recettore più adatto a quella precisa forma di neoplasia. E in questo caso eccellenza fa rima con esperienza: più l’occhio e la mano sono allenati, maggiori sono le percentuali di successo”.
I numeri della Breast Unit del San Gerardo, sono molto lusinghieri: 20mila mammografie eseguite in un anno, mille le biopsie con guida radiologica, 600 gli interveti chirurgici oltre 200 di tipo ricostruttivo plastico, 5.300 le visite senologiche, 840 le prestazioni di senologia rivolte alle pazienti ricoverate in altri reparti, in primis l’ostetricia dove la distinzione tra fenomeno fisiologico e neoplasia risulta assai difficile.
“Un successo frutto anche della sinergia positiva tra chi dirige l’ospedale e la parte clinica – aggiunge il direttore della Breast Unit – Il direttore generale Matteo Stocco ha permesso lo sviluppo delle tecnologie di punta nei settori strategici per la senologia oncologica”.
Compreso che la prevenzione è un’arma importante nella lotta contro il tumore al seno quando sottoporsi alla prima visita senologica?
“Partiamo dal presupposto che la donna deve conoscere il proprio corpo e i suoi cambiamenti – conclude – La conoscenza dà maggiore serenità e meno ansia. Non bisogna avere paura di rivolgersi allo specialista senologo: quando se ne sente il bisogno o si avvertono cambiamenti. La diagnosi precoce è soprattutto una collezione di informazioni. Nel caso della necessità di cure si vedono maggiori successi rispetto al passato. La sopravvivenza è sensibilmente migliorata con una prognosi favorevole fino al 90% nelle forme iniziali”.
B. Api
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Siete fantastici fate vivere il paziente in un ambiente sereno famigliare….Io l’ho vissuto in prima persona e ho superato momenti difficili ma con voi al fianco tutto è stato superato….GRAZIE DI TUTTO.