“Voglio una vita spericolta, voglio una vita come quelle dei film. Voglio una vita esagerata, voglio una vita come Steve McQueen”. Canta così Vasco Rossi pensando a Steve McQueen, il celebre attore statunitense scomparso a causa della malattia all’età di soli 50 anni il 7 novembre 1980.
Personaggio irrequieto, difficile da definire, certamente un grande attore ma allo stesso tempo anche un grande pilota come dimostrerà partecipando con successo a tante corse automobilistiche.
Al mondo del cinema finisce quasi per sbaglio. Da teenager fa parte di una baby gang: per toglierlo dalla strada ci vorranno una scuola di correzione in California e poi il servizio militare nei Marines. Lì, forse, impara cosa vuol dire stare al mondo. Non sa, tuttavia, che professione scegliere poi nella vita. Affascinato dai motori, figlio di uno stuntman che abbandona la moglie poco dopo il parto, deciderà di giocarsi la carta della recitazione.
Beneficiando di un prestito concesso dal Governo agli ex soldati si presenta all’Actor’s Studio di New York. Chi esce da lì ha la strada spianata. Il problema è entrarvi: su 2 mila candidati supereranno le selezioni soltanto lui e Martin Landau.
Parte dalla gavetta: nel 1955 l’esordio a Broadway, un anno dopo al cinema con una parte di secondo piano in “Lassù qualcuno mi ama”. Inizia a farsi notare con “I magnifici sette” nel 1960. Per i film un po’ più d’azione, che siano western o di guerra, dimostra di avere talento. Cresce sempre di più il numero di registi che lo vogliono davanti alla loro macchina da presa. Per quanto in quei ruoli lui dia il meglio di sé, forse sarà ricordato dal grande pubblico soprattutto per l’interpretazione in “Papillon”, nel 1973, film che lo vede in coppia con Dustin Hoffman.
Carriera intensa, ma breve: a partire dalla seconda metà degli anni ’70 inizia il lento declino finché, nel 1980, morirà per un mesotelioma pleurico. E’ un tumore che viene attribuito all’amianto, contenuto nelle tute dei piloti automobilistici.
Lui di corse ne ha fatte parecchie: sia per le riprese dei film (non vorrà mai essere sostituito dallo stuntman) sia per la sua passione sportiva. Anche lì talento e coraggio da vendere: nel 1970, al volante di una Porsche e con un piede fasciato partecipa alla 12 ore di Sebring e conclude a soli 23 secondi di distacco dai vincitori: si tratta di Nino Vaccarella, Ignazio Giunti e del celebre Mario Andretti, piloti professionisti.
Nonostante la breve carriera cinematografica, lascerà un segno indelebile nella storia del cinema. Celebrato da quello stesso mondo con film autobiografici, ma anche da cantanti e gruppi rock che gli dedicano canzoni. Era un antidivo, ma la sua vita spericolata ha affascinato generazioni.