Domenica scorsa mi sono imbattuta in un qualcosa di completamente inaspettato. Mi sono ritrovata a partecipare alla conferenza stampa della presentazione del nuovo album “Love” di Michael Bublé.
Sono stata la prima ad entrare in sala, ho cercato il posto migliore, mi sono ambientata. Dopo pochi minuti di attesa mi ritrovo, quasi per magia, a due metri da un personaggio, anzi una persona, come Michael Bublé.
Lo fisso, cerco di godermi il momento oltre a fare foto e video, ma soprattutto lo ascolto. Esprime la gioia di essere tornato a lavorare dopo un duro periodo di vita personale, trasmette messaggi positivi, dice a “noi giornalisti” che gli siamo mancati. Parla della vita, dell’amore e della famiglia in maniera mai scontata, ma soprattutto afferma concetti molto caldi e umani che vorresti dire anche tu, che pensi anche tu… e gli scambi continui di sguardi ti fanno sentire quasi in salotto a fare quattro chiacchiere con un amico.
Poi la conferenza stampa verte giustamente su aspetti legati al suo nuovo album. Lo presenta con passione e gratitudine. E soprattutto ci rincuora dicendo che non ha intenzione di lasciare la musica, come era girata falsamente la notizia pochi giorni fa.
“Non ho scelto io le canzoni che compongono l’album, sono le canzoni che hanno scelto me”, così Michael racconta il suo “Love”, un concatenarsi di brevi racconti legati da un filo conduttore, ovvero la sua personale visione dell’amore.
Accanto al singolo “Love you anymore”, Bublé ’ presenta brani che vanno dai classici della canzone americana a quella francese (come “When I fall in love” e “La Vie En Rose”).
L’ultimo brano dell’album è “Where or When”. Si dilunga Michael nel raccontare il riscontro che questo brano molto toccante ha su ogni persona con cui lui parli. C’è chi in questa canzone rivive l’amore nei confronti dei genitori, chi dei propri figli, ma l’importante è che questo brano arriva dritto al cuore in modo travolgente. Non sa se riuscirà a cantarlo live, una volta che prenderà vita il tour…
Più volte poi durante la conferenza stampa viene chiesto a Michael perché non incida solo brani suoi. Lui risponde di non voler perdere una grande opportunità… dice di non essere né il cantante né l’autore più bravo al mondo, ma di avere scoperto di avere un vero unico grande talento, ovvero quello di reinterpretare i pezzi di altri crooner del passato.
Michael Bublé vuole portare avanti la trazione di Frank Sinatra, Tony Bennett, Bobby Darin, la “Legacy dei suoi eroi”. Lui è questo, e Michael lo spiega con l’entusiasmo di un bambino e con gli occhi che luccicano. Dice e sa di essere fortunato, a 43 anni, di aver fatto del suo sogno di bambino, la sua professione.
La conferenza stampa volge alla fine, e Michael Bublé con estrema gentilezza si alza e saluta tutti. Viene a salutare anche me. Mi stringe la mano, mi bacia, mi ringrazia. Questa umana cortesia così poco usuale ormai nella vita di tutti giorni, mi ha commosso e mi ha convinta a ricercare anche il mio sogno di quando ero bambina.
Lisa Lardera