MONZA – I ragazzi del ’99 senza batter ciglio partirono per il fronte poco più che adolescenti. Moltissimi lì persero la vita, ritornando a casa in una bara, avvolti nel tricolore e con il titolo di eroi. Ma oggi ci sono ancora gli eroi? Hanno senso i loro gesti e il loro sacrificio e soprattutto c’è ricordo e rispetto per gli eroi del passato che hanno sacrificato la propria esistenza per la Patria?
Questa la riflessione attorno alla quale si è svolto venerdì sera in Sala Maddalena l’incontro promosso dalla sezione monzese dell’Associazione nazionale paracadutisti d’Italia. Sala piena, pubblico di ogni età, in divisa e in borghese, in servizio e in congedo, ma anche semplici appassionati di storia intervenuti per ricordare i giovani caduti della Prima Guerra Mondiale e riflettere sul significato e sul ruolo dell’eroe oggi. Un termine che, come ricordato da Marco Bertolini generale di Corpo d’Armata paracadutista ausiliario e presidente nazionale dell’Associazione paracadutisti, oggi viene sempre più accostato a persone (o meglio personaggi) che con quegli eroi non hanno nulla a che vedere. Eroi non sono certo i calciatori, i partecipanti ai reality show, le vallette. Gli eroi sono ben altro e la nostra storia ne annovera parecchi, in primis gli eroi della Prima Guerra Mondiale.
“Erano eroi che volevano combattere, simbolo di un’Italia che sapeva attrarre – ha ricordato il generale Bertolini – Noi apparteniamo a un Paese che è stato grande ed è ancora grande. Viviamo in una Patria”.
Proprio il termine Patria è stata la parola chiave della serata, insieme a quella di eroi. “La Patria nasce dalla guerra – ha continuato Bertolini – Una Patria che non è nata dal sangue di chi si è sacrificato non è una Patria ma una comunità. Con l’articolo 11 della Costituzione noi abbiano ripudiato la guerra (L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo, ndr): ma quando mandiamo in nostri soldati in Afghanistan non andiamo a fare i pacieri o a distribuire i pannolini. C’è difficoltà a parlare di guerra e quindi anche di eroi”.
Invitando a tale proposito le associazioni d’arma a promuovere serate di approfondimento come quella organizzata dai paracadutisti. “Se non lo facciamo noi non lo fa nessuno – ha proseguito il generale – Purtroppo abbiamo perso i riferimenti e il contatto con la realtà. Nel nostro Mediterraneo la guerra e la virtù dell’eroismo vengono praticate ogni giorno e l’eroismo militare fa ancora parte della nostra società”.
Ma che cosa significa essere eroi? “L’eroe è chi butta il cuore oltre l’ostacolo – ha precisato – L’eroe è la persona coraggiosa, capace di vincere la paura, spinta da una motivazione. In un momento di sovvertimento valoriale tutti i riferimenti che avevamo adesso non ci sono più e oggi chi truffa lo Stato diventa un esempio per l’opinione pubblica. Bisogna rifiutare l’imbroglio di queste parole bugiarde che dipingono la realtà in modo diverso. Bisogna riaffermare i valori con le parole di sempre”.
Parole e riflessioni che sembrano appartenere ad un tempo che non ci appartiene più. “Per imporsi come educatori e come comandanti oggi bisogna andare controcorrente – ha concluso il generale Marco Bertolini – Non basta più fare il proprio dovere, amare la vita, rispettare se stessi e il proprio Paese”.
Una serata molto partecipata durante la quale il presidente della sezione Franco Crippa ha ribadito l’importanza del ruolo delle associazioni d’arma nel tenere viva storia e memoria. “Dobbiamo riaccendere la sacra fiamma della Patria – ha precisato – Chi ha una mano per combattere ha anche un cuore per morire”. Ricordando la frase di Gabriele D’Annunzio “Il privilegio dei morti è che non moriranno più”.
“Il termine eroe è un termine abusato – ha concluso – Ma non dimentichiamo che gli eroi della Grande Guerra prima di diventare eroi diventarono soldati”.
Barbara Apicella