BARLASSINA – Lo cercano senza successo dal 2015, quando è stato messo a segno un blitz antidroga. Mario Palamara, 49 anni di Barlassina, secondo gli inquirenti è il boss indiscusso di una banda specializzata nel traffico internazionale di cocaina, con base logistica a Busto Arsizio. L’organizzazione criminale è stata smantellata nella mattinata di ieri, giovedì 29 novembre, con un’operazione della Polizia di Stato bustocca, che ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di sette persone.
Una nuova tappa importante dopo le indagini iniziate nel 2016, condotte dal Commissariato di Polizia con il coordinamento iniziale della Procura delle Repubblica di Busto Arsizio e, successivamente, della Procura Distrettuale Antimafia di Milano.
L’attenzione, in particolare, si era concentrata su Francesco Ceravolo, 64 anni, originario di Montebello Ionico (Rc), ma residente a Busto Arsizio, che era stato individuato quale trafficante di cocaina di alto livello, anche in virtù delle indagini che erano state svolte sul suo conto in passato sempre nell’ambito del commercio di sostanze stupefacenti. In realtà con lo sviluppo delle indagini gli inquirenti hanno scoperto che Ceravolo era da considerare un tassello intermedio dell’organizzazione: al vertice il barlassinese Palamara, ritenuto “capo indiscusso” e affiancato nella sua attività da Salvatore Antonino Costantino, milanese di 53 anni proveniente da Nicotera (Vv). Sotto di loro un terzetto composto da Ceravolo e da altri due uomini di 48 e 51 anni residenti a Lonate Pozzolo (Va).
Secondo le indagini il boss barlassinese era in grado di fare arrivare in Italia ingenti quantitativi di cocaina, grazie a contatti con trafficanti sudamericani, da gestire poi sul mercato italiano con il suo socio. Il ruolo di Ceravolo, l’uomo individuato inizialmente quale persona chiave nelle indagini, era quello di trovare clienti di un certo livello. Gli altri due di Lonate Pozzolo, invece, erano utili dal punto di vista operativo: uno ex dipendente e l’altro attuale addetto di una cooperativa che si occupa dello scarico merci nell’area cargo dell’aeroporto di Malpensa. A loro il compito di far sparire la cocaina proveniente da Santo Domingo e nascosta in carichi di frutta tropicale, in particolare tra gli ananas.
L’organizzazione, poi, prevedeva anche fruttuose collaborazioni. Una, in particolare, con un gruppo sardo che era in grado di fornire una copertura alle operazioni e di trasportare la cocaina via mare fino all’isola nascondendola in mezzi industriali e container.
Gli inquirenti hanno dovuto faticare non poco per venire a capo di tutto il sistema, imparando anche a decifrare il linguaggio utilizzato (“pali”, “punti”, “metri cubi”) e a districarsi tra auto intestate a terze persone, apparecchi telefonici muniti di software in grado di criptare e rendere non intercettabile il contenuto delle conversazioni e di cancellare da remoto i messaggi di testo compromettenti.
Nel corso delle indagini erano già stati arrestati un trentenne di Busto Arsizio (aveva appena ritirato mezzo chilo di cocaina), un uomo di 26 anni residente a Lazzate e uno di 59 anni con casa a Magnago (sorpresi nel parcheggio di un centro commerciale a Saronno mentre erano in possesso di 2 chili di cocaina). Altri 2 chili, invece, erano stati sequestrati senza riuscire a identificare il responsabile: li aveva trovati in commerciante di Padova nel suo magazzino, tra gli ananas. I due dell’aeroporto non si erano accorti che la partita era da 7 chili, si erano preoccupati di farne sparire soltanto 5.