MONZA – Hanno già fatto sentire più volte la loro voce, chiedendo la realizzazione di infrastrutture in grado di fare girare l’economia e di permettere al nostro Paese di non perdere competitività. Gli artigiani brianzoli, dopo tutte le discussioni nate per la Tav e per il documento sull’analisi costi/benefici che suggerirebbe di affossare il progetto, restano davvero allibiti.
Il costo della Tav – evidenzia l’Unione Artigiani con una nota – è all’incirca lo stesso che lo Stato ha speso finora per tenere in vita Alitalia. La compagnia di bandiera è costata 145 euro a testa per ciascun italiano, neonati comprsi, pari a 8 miliardi di euro dei contribuenti. Con la prospettiva di convertire il debito di 900 milioni di euro del prestito ponte concesso dal Ministero delleconomia nel 20 per cento del capitale sociale.
Secondo l’Unione Artigiani di Milano e di Monza-Brianza il progetto di intervento per il salvataggio della compagnia aerea, più volte criticato, si presenta particolarmente complesso e di censura se si dovesse giungere all’adombrata statalizzazione di Alitalia.
“I due vettori stranieri disponibili a entrare nel capitale di Alitalia – commenta il segretario generale dell’Unione Artigiani, Marco Accornero -, Delta Air Lines e EasyJet, sarebbero disponibili a rilevare al massimo il 40 per cento del capitale, probabilmente meno. Toccherebbe perciò alla mano statale, direttamente con la conversione del prestito ponte, e indirettamente tramite Ferrovie e forse anche Poste, coprire le restanti quote. La newco che si profila è una azienda statale anni 50 destinata a bruciare risorse pubbliche per altri decenni, con il rischio di trascinare in difficoltà anche le Ferrovie che oggi dovrebbero dedicarsi ad ottimizzare il loro servizio, soprattutto quello dedicato ai pendolari locali”.
“Non si comprende l’ostinazione nel perseguire la strada della statalizzazione di una azienda ampiamente decotta – conclude Accornero – quando contemporaneamente si pongono mille ostacoli a interventi pubblici di investimento, in particolare sulle infrastrutture, che contribuirebbero in maniera determinante a rilanciare il prodotto interno lordo del Paese in una fase di recessione. Il rischio concreto è quello di utilizzare male risorse che altrimenti darebbero ossigeno alleconomia e al sistema produttivo italiano”.