MONZA – Omaggio alle donne, a pochi giorni dall’8 marzo, con le raffinate cartoline e lettere che le “madrine di guerra” inviavano ai soldati al fronte. Un tuffo nella storia, nei sentimenti e nelle emozioni quello che ci regala Elisabetta Liprino che nel suo negozio di accessori femminili “Portobello” (via Mantegazza) ha allestito una mostra per celebrare le donne.
Tra borsette, pochette, foulard e gioielli di bigiotteria spiccano anche le riproduzioni ingrandite degli scambi epistolari tra le “madrine di guerra” e i soldati che durante il conflitto del 1915-18 combattevano al fronte. Immagini raffinate, di donne di altri tempi, come d’altri tempi era il linguaggio che queste signore – madre e moglie il più della volte della nobiltà o alta borghesia – rivolgevano ai soldati senza moglie e fidanzata.
L’obiettivo di questa esposizione non solo quella di mostrare l’aspetto estetico di questi spaccati di storia: immagini dolcissime e delicate, accompagnate da un lessico e da una grafia che ormai non si utilizzano più. “Questa mostra è un ringraziamento alle donne della Prima Guerra Mondiale – spiega Ettore Radice, promotore dell’iniziativa che ha recuperato le cartoline – Durante la Grande Guerra le donne hanno avuto un ruolo fondamentale, erano considerate il cosiddetto fronte interno. Mentre gli uomini combattevano loro lavorano nei campi, nelle fabbriche, guidavano i camion, i tram e consegnavano la posta. Poi, una volta terminato al conflitto, sono state licenziate e lasciate a casa ad occuparsi della famiglia e dell’economia domestica. In Italia, per esempio, le donne dovranno attendere la fine della Seconda Guerra Mondiale per poter votare, e fino agli anni Settanta per assumere ruoli all’interno della magistratura”.
Ben diverso il ruolo delle “madrine di guerra”: vista la loro posizione economica non avevano bisogno di lavorare. “Diedero comunque un contributo proprio con questo loro ruolo di confidenti – spiega Radice – I toni delle lettere sono gentili e amichevoli. Per i soldati la madrina di guerra era una persona, quasi sempre coetanea, con la quale colloquiare. A casa c’erano le madri ad attenderli, ma era importate anche potersi confrontare con una donna che aveva la loro età”.
Qualche volta, quando i soldati sono tornati dalle guerre, tra madrine e militari è anche scoppiato l’amore. “Ma il più delle volte era un rapporto come tra sorella e fratello – precisa Radice – Come nelle lettere che la contessa Maria Teresa Parea inviava al fronte a quell’ufficiale che purtroppo morì. Toni delicati e carichi di gentilezza, da dove traspariva la gioia e il sollievo di potersi confidare con una coetanea”.
Durante la Prima Guerra Mondiale anche Monza ha avuto le sue grandi donne. “Giulia Canesi Scotti – ricorda Radice – Era responsabile dell’Ufficio notizie, prezioso collegamento delle famiglie con i soldati. Giulia Canesi Scotti guidava anche il camion per portare i viveri al fronte e riportare a casa le lettere dei militari. Monzese anche Sita Camperio, crocerossina e infermiera volontaria al fronte”.
Barbara Apicella