MEDA – Davanti all’urlo del Bocia, che ha intonato il coro subito imitato dalla curva dell’Atalanta, è venuta la pelle d’oca a tutti. E sono state davvero poche ieri pomeriggio le persone capaci di trattenere le lacrime dopo la funzione, con la bara tra lo striscione della società bergamasca e quello del Como. È un ultimo saluto in stile calcistico a Fermo Favini, per tutti Mino, una delle persone che con la sua discrezione ha dato tantissimo allo sport nazionale.
Un funerale celebrato nella chiesa di Santa Maria Nascente, lunga quanto un campo di calcio, per salutare un medese doc, scomparso a 83 anni dopo aver trascorso una vita intera nel mondo del pallone, prima da giocatore, poi in panchina lanciando talenti incredibili. Nella sua città tutti bravi a lavorare il legno, lui invece forgiava i calciatori lavorando sull’aspetto psicologico, con determinazione ma anche con il sorriso del buon padre di famiglia.
“La pagina del Vangelo di oggi sembra fatta proprio per lui – ha affermato don Fabio Ercoli, coordinatore della pastorale giovanile cittadina, durante l’omelia -, perché ci dice che il valore della nostra vita non è dato dai talenti che abbiamo ricevuto, ma dalla capacità che abbiamo di condividerli e di metterli a frutto. Mino Favini in questo è stato un maestro: ha saputo andare a cercare il talento nei giovani vivendo la sua attività non come un lavoro, bensì come una missione educativa”.
Prima di uscire dalla chiesa il saluto pubblico di Gianpaolo Bellini, una delle colonne nella storia dell’Atalanta: “Ha fatto crescere tante persone, anche chi non ha fatto carriera. Alla base del suo modo di agire alcuni pilastri: rispetto, lealtà, determinazione, serietà. Un signore d’altri tempi. Grazie a lui sappiamo però che questi valori, col nostro impegno possono essere ancora attualissimi”.
All’ultimo saluto presente anche Antonio Percassi, presidente dell’Atalanta (“Mino era una persona straordinaria, mi ha colpito fin dal primo incontro. Persona molto intelligente, uomo unico nel mondo del calcio”). Con lui anche anche l’amministratore delegato dell’Inter, Giuseppe Marotta (“Maestro soprattutto di vita. Ciò che ha fatto va al di là di avere scoperto talenti. E’ incalcolabile ciò che ha dato al calcio”). Toccante l’abbraccio di Giacomo Bonaventura del Milan ai familiari. “Tanti insegnamenti che ognuno di noi porta dentro – ha affermato l’altro rossonero, Riccardo Montolivo -, da trasmettere ai calciatori, ma anche ai figli. ‘La categoria si fa con la testa, non con i piedi’, è la frase che urlava e ci invitava a mettere nel portafoglio. Non la dimenticherò mai”.
Presente alla funzione anche il sindaco Luca Santambrogio: “Un dovere. Mino cittadino onorario dal 1999, presidente onorario del Meda. Per la città ha sempre dimostrato affetto e attaccamento”.
Gualfrido Galimberti