MONZA – Cercasi clienti anche senza esperienza. Questo il cartello, posizionato su un vaso di fiori, che accoglie coloro che varcano la soglia del suo negozio. Era da anni che Triante attendeva un calzolaio, ma di clienti che portano scarpe, stivali e borse da sistemare ce ne sono ben pochi. Così che Amedeo Lacovallo le scarpe non solo le ripara, ma le fa.
La crisi aguzza l’ingegno e la passione per il lavoro manuale fanno il resto: Amedeo, 54 anni, svolge questa antica attività appresa in una bottega di Milano nel quartiere Niguarda e poi affinata nel corso degli anni nel suo negozio di via Azzone Visconti. Poi, un anno fa – complice la crisi, gli affitti alti e la ricerca di un locale asciutto e privo di umidità – il trasferimento in via Cavallotti, a pochi passi dal cinema Metropol. Ma in bottega entrano in pochi a riparare le scarpe così che Amedeo ha deciso che le calzature le realizza direttamente.
“Amo molto il mio lavoro – racconta l’artigiano che vive a Nova Milanese – Ormai le persone acquistano calzature che costano poche decine di euro e le cambiano frequentemente, invece di ripararle”. Certo la qualità non è come quella delle calzature delle nostre nonne o delle nostre mamme che, al cambio di stagione, avevano l’appuntamento fisso dal calzolaio per fare tacco e suola e quelle scarpe prima di rimettere le scarpe nella scarpiera in attesa di usarle dopo qualche mese.
“Fino a una decina di anni fa non avevo spazio dove mettere le scarpe da aggiustare – prosegue Amedeo che, durante la chiacchierata, si concede una meritata pausa – Oggi invece c’è molto spazio”. Sono poche le persone che fanno aggiustare le scarpe: le signore che magari hanno speso centinaia di euro per quella calzatura, le persone che indossano calzature ortopediche, ma anche chi, malgrado la scarpa non sia di particolare valore, ci è affezionato.
Per andare avanti Amedeo, in collaborazione con un artigiano, ha deciso di realizzare le scarpe: le polacchine per l’inverno e la primavera, i sandali e gli infradito con le pietre incastonate a mano per la stagione estiva. “L’idea piace – prosegue, mostrandoci orgoglioso le sue creazioni – Utilizzo suola di altissima qualità, la tomaia viene realizzata da un artigiano e io mi occupo della cucitura e delle rifiniture”. Una scarpa fatta su misura e personalizzata per andare incontro alle richieste e ai gusti del cliente.
Pazienza e precisione non gli mancano. “Tante volte mi fermo in negozio anche durante la pausa pranzo per finire il lavoro – conclude – La soddisfazione del cliente mi ripagano di ogni fatica”. E la fatica è tanta in un lavoro ormai in via di estinzione dove, ogni giorno, si è a contatto anche con polveri e odori.
Barbara Apicella
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Se il buon sig. Amedeo, oltre ad aver imparato a fare scarpe, avesse imparato anche l’arte dell’accoglienza, forse non avrebbe avuto la moria di clienti di cui parla l’articolo. Incuriosito da questo trafiletto, sono entrato nel suo negozio ieri mattina, lui era appena dietro il bancone, non mi ha degnato del benché minimo saluto. Dopo qualche secondo di sconcerto, sono io a dirgli buongiorno, e lui risponde con lo stesso tono che si riserverebbe a chi entrasse per pignorargli la casa. Morale : non ho fruito dei suoi servizi, quindi non posso giudicare come lavora, ma considerato che è un calzolaio e non un luminare della cardiochirurgia, dovrebbe sapere che accogliere adeguatamente un cliente è il primo fondamentale passo perché il cliente vada da lui e non da un altro calzolaio.