MONZA – Ha visto guarire tanti bambini, qualcuno lo ha visto morire. Con loro ha giocato, riso, scherzato, colorato e raccontato le favole prima di andare a letto. E’ stata spalla e orecchio dei genitori impauriti e sconsolati che si sono trovati ad affrontare il dramma della malattia del loro bambino. Per tanti è stata mamma, nonna, amica, confidente.
Ecco il ritratto di Rosaria Iannacone Piatesi, da tutti conosciuta come la mamma di Abio (Associazione per il bambino in ospedale) che il prossimo 14 giugno riceverà il prestigioso riconoscimento Premio Awards 2019 Fidapa Modoetia Corona Ferrea. Il sorriso gentile, modi garbati, quel cercare sempre una soluzione ai problemi e riuscire a portare un raggio di sole nei reparti di Pediatria e di Ematologia Pediatrica: ecco il ritratto di Rosaria, in Abio da oltre trent’anni dove per un decennio ha anche ricoperto l’incarico di presidente (dal 2004 al 2014).
Una bella storia da raccontare perché racchiude uno spaccato importante della storia di Monza, del suo ospedale, dei suoi reparti dedicati ai bambini dove la scienza negli ultimi venticinque anni ha fatto importanti passi da gigante. “Quando sono arrivata in Abio in Pediatria il primario era il dottor Giuseppe Masera – racconta – Con accanto i giovanissimi dottor Biondi e Jankovic. Ho sostenuto un semplice colloquio, all’inizio non c’erano corsi di formazione articolati come adesso. Eravamo una quarantina e fin da subito la presidente Caterina Ceppellini mi ha coinvolto all’interno del consiglio direttivo”.
La sofferenza, per i bambini e per la loro famiglie, dilaniava i cuori ieri come oggi. Ma oggi ad accogliere i piccoli degenti e i loro familiari (non solo ci sono scienza e ricerca più avanzate), ma anche reparti e stanze colorate, tanti giochi e iniziative per passare il tempo. “Allora c’era tutto da costruire e passo dopo passo Abio lo ha fatto – ricorda Rosaria – Come dimenticare le tombolate in Ematologia? Tutti insieme: bambini, mamme e noi volontarie che portavano piccoli doni. Poi sono arrivate anche le letture, i laboratori di manualità, le feste in reparto, i colori che hanno trasformato l’ambiente grigio dell’ospedale in un ambiente più familiare”.
Quello che oggi c’è in quei reparti e ambulatori dove vengono seguiti i bambini. E’ stato un percorso senza dubbio lungo, ma una volta intrapreso il cammino Rosaria e volontari di Abio hanno trasformato l’ospedale, non solo in un luogo di cura, ma anche e soprattutto in un ambiente familiare.
Tanti i ricordi dei bambini (che ce l’hanno fatta, ma qualcuno anche no) che Rosaria ha incontrato. “Purtroppo alcuni bambini sono morti – ricorda – Chiedevamo dove erano e ci dicevano che erano tornati a casa”. Difficile trattenere le lacrime, difficile non lasciarsi coinvolgere dal turbinio di pensieri e di emozioni che si susseguono in quei reparti. “Ricordi i bimbi che all’inizio non volevano entrare in sala giochi – continua – E poi non volevano più uscire. O quelli che al momento delle dimissioni non volevano tornare a casa perché si stavano divertendo con gli altri piccoli degenti”.
Tanti anni spesi tra le corsie della Pediatria degli ospedali brianzoli, crescendo con amore e con dedizione quell’Associazione per il bambino in ospedale che oggi ormai è diventata adulta e prezioso punto di riferimento per tanti bambini e genitori, adeguandosi al cambiare dei tempi e della società. Con cambiamenti anche all’interno del sodalizio e l’introduzione della figura del coordinatore.
La capacità di giocare con i bambini e di ascoltare i loro genitori. “Senza dare consigli o suggerimenti – precisa – Se hanno bisogno di sfogarsi sanno che siamo la loro spalla”.
Abio è stata per tanti bambini e genitori la seconda famiglia durante il percorso della malattia. “Abio è stata la mia seconda famiglia – conclude – Ho conosciuto tante belle persone che mi hanno permesso di esprimere me stessa”. E anche se Rosaria ormai non è più presidente e si dedica a una nuova avventura nel mondo del volontariato (insegna italiano ai ragazzi stranieri all’interno di Caritas) il suo sorriso e la sua gentilezza sono presenti nell’agire quotidiano dei volontari.
“Vent’anni accanto al suo impegno, alla sua tenacia e soprattutto alla sua disponibilità – aggiunge Lella Origgi, storica volontaria di Abio – mi hanno fatto capire che per restare nel cuore di tanti, anche prima di essere presidente, bisogna essere una persona con la P maiuscola”.
Barbara Apicella
2 Comments
Sono fiera di te, zia ……. Ti voglio bene, sei davvero una Persona speciale.
Silvia
Che donna meravigliosa!! Fa veramente piiacere conoscere queste belle.storie. Premioeritatissimo.