Vola il business delle alghe che vale 2,7 miliardi di dollari, in crescita del 4,2% l’anno fino al 2025. Un mercato dominato dai derivati delle alghe brune, sempre più incalzato dalle microalghe, organismi monocellulari che comprendono la spirulina e la clorella, diffuse in molti prodotti anche di largo consumo; segmento che, secondo uno studio di Htf Research, che vale oggi poco più di 600 milioni di dollari, è destinato a toccare il miliardo nel 2025.
Un mercato in grande espansione tra i protagonisti ad AquaFarm e NovelFarm a Pordenone il 19 e il 20 febbraio, dove saranno presentate le ultime novità sulla produzione e sugli utilizzi delle microalghe, dalla cosmetica alla nutraceutica, dagli ingredienti alimentari e per i mangimi alla farmaceutica, dalla chimica a varie applicazioni industriali. A partire dal progetto per il Padiglione Italia di Expo 2020 di Dubai, per il quale il gruppo Tolo Green ha sviluppato un’innovativa tecnologia di coltivazione e lavorazione di microalghe che, tra le altre cose, contribuirà a ridurre l’impronta ecologica della struttura.
Nel campo della sperimentazione industriale, le alghe sono ormai integrate nei cicli di trattamento delle acque e dei residui di diverse produzioni, da quelle lattiero casearie alle minerarie, spesso in combinazione con il recupero della CO2. In questo ultimo settore, in anteprima per l’Italia, i norvegesi di AlgaePro presenteranno un processo che combina microalghe, residui agricoli, reflui e CO2 prodotta da impianto industriale per la generazione di biomassa da utilizzare per mangime per pesci. In Italia, invece, la biomassa algale cresciuta sui reflui industriali viene utilizzata per produrre la materia prima per biopolimeri. Negli Stati Uniti, dove va di moda la carne a base vegetale, diverse start-up sono riuscite a produrre ingredienti come il beta-carotene e l’eme, in grado di dare ad hamburger veg aspetto e gusto di quello animale, combinando coltivazione di microalghe con processi fermentativi. (ANSA).