“Aprono oratori, centri estivi, agriturismi e fattorie didattiche, si adattano cortili di scuole e parchi pubblici. E i nidi privati?”. Alla vigilia di nuove aperture per la Fase 2 dell’emergenza Covid-19 Assonidi, l’Associazione degli asili nido e scuole d’infanzia privati aderente a Confcommercio, torna a chiedere con forza che ci si occupi di un settore che continua a non trovare ascolto.
“Stiamo assistendo in questi giorni a una grande mobilitazione di soggetti che gestiranno, o forse è meglio dire che impareranno a gestire, i servizi all’infanzia con le modalità di un’enorme cessione di ramo d’azienda – afferma Federica Ortalli, presidente di Assonidi – dimenticandosi che stiamo parlando di bambini. Ben venga aiutare le famiglie, ben venga andare incontro alle richieste di genitori che devono tornare al lavoro, ben venga tenere presente le esigenze dei bambini chiusi in casa da quasi tre mesi. Ma questi bambini prima cosa facevano? Dove incontravano i loro amici? E i genitori pre Covid-19 dove accompagnavano i bambini ogni mattina? All’asilo nido e alla scuola d’infanzia”.
“E in tutta Italia – prosegue la presidente di Assonidi – ci sono decine di migliaia di strutture adatte a questo scopo e pronte a riaprire. Perché in questi mesi abbiamo dato supporto ai genitori, teso un orecchio all’ascolto delle difficoltà delle famiglie. Ci aspettavamo chiare indicazioni per poter ripartire in tutta sicurezza. Sono mesi che le istituzioni fanno progetti, stilano protocolli, istituiscono comitati tecnici sui servizi all’infanzia senza ascoltare chi rappresenta gli operatori del settore. Noi siamo i veri tecnici perché noi operiamo dentro i centri educativi senza alcuna improvvisazione, ma con programmazione, metodo pedagogico, con un protocollo per garantire la sicurezza degli educatori, delle famiglie, dei bambini”.
“Senza retorica – aggiunge la presidente – la nostra tradizione è parte della storia dell’Italia, ma viene cancellata e messa dietro a qualsiasi altro codice Ateco. Nel frattempo, mentre con fatica riparte il sistema Paese, noi rimaniamo fermi con gli ammortizzatori sociali che si stanno esaurendo, con educatori che non vedono uno stipendio da marzo, con centri educativi che accumulano debiti e nemmeno possono portare i libri in tribunale”.
“Non possiamo considerare tutte le aziende allo stesso modo – conclude Ortalli – e dimenticare un servizio essenziale come il nostro”.