ROMA – Ogni giorno, in modo incessante, abbiamo assistito alla comunicazione dei dati sui contagi, sui decessi, sulle terapie intensive. A distanza di qualche mese l’Inps, l’Istituto nazionale della previdenza sociale, prende posizione: per dire che il numero delle vittime rivelato dalla Protezione civile non è credibile. La situazione reale, insomma, sarebbe di circa 20 mila morti in più da conteggiare.
Per l’Inps – come riportato dall’AdnKronos – il motivo è molto semplice: “La quantificazione dei decessi per coronavirus, condotta utilizzando il numero di pazienti deceduti positivi fornito su base giornaliera dal dipartimento della Protezione Civile, è considerata poco attendibile, in quanto influenzata non solo dalla modalità di classificazione della causa di morte, ma anche dall’esecuzione di un test di positività al virus”. Inoltre, “anche il luogo in cui avviene il decesso è rilevante poiché, mentre è molto probabile che il test venga effettuato in ambito ospedaliero, è molto difficile che questo venga effettuato se il decesso avviene in casa”.
Affermazioni che la Previdenza nazionale traduce anche in numeri con esempi concreti. Evidenziando due situazioni contrapposte. La prima è quella del primo bimestre, in cui si è registrato un numero di decessi inferiore rispetto a quelli attesi: 10.148 in meno rispetto ai 124.662 previsti. La seconda, invece, riguarda il secondo bimestre, ovvero marzo e aprile, periodo della piena emergenza sanitaria per la pandemia.
In tale periodo, secondo l’Inps, sono stati registrati 46.900 morti in più rispetto ai 109.520 attesi. L’Inps sottolinea che la Protezione civile, in quello stesso periodo, ha dichiarato un aumento di “soli” 27.938 decessi. Ebbene, i 18.971 mancanti – di cui la quasi totalità, ovvero 18.412 è stata riscontrata al Nord – a cosa sarebbero dunque attribuiti?
“L’inversione tra i due bimestri – spiega l’Inps – con diversa intensità riguarda tutto il territorio nazionale con un +43% ma soprattutto il Nord Italia dove si ha quasi un raddoppio del numero dei morti giornalieri pari al +84% contro il +11% del Centro e il +5% del Sud. L’andamento dei decessi, nel periodo considerato, è stato condizionato sia dall’epidemia che dalle conseguenze del lockdown – sottolinea l’Inps – sia in negativo, ad esempio per le persone morte per altre malattie perché non sono riuscite a trovare un letto d’ospedale o perché non vi si sono recate per paura del contagio; sia in positivo, pensando alla riduzione delle vittime della strada o degli infortuni sul lavoro per lo smartworking e il blocco dell’Italia”. In ogni caso, “per comprendere al meglio le vere conseguenze dell’epidemia – avverte l’Inps – si dovrà aspettare di debellare completamente il virus, il che avverrà presumibilmente tramite un vaccino o una terapia antivirale efficace”.