MONZA – Spi Cgil Brianza e Spi Cgil Lombardia hanno donato 1.000 euro al Cadom, il Centro Aiuto Donne Maltrattate di Monza. Un aiuto che testimonia, nuovamente, la vicinanza che il sindacato dei pensionati ha nei confronti dell’associazione che si occupa di contrastare la violenza contro le donne.
“Con questo contributo vogliamo dimostrare tutto il nostro sostegno per il grande lavoro che state facendo per le donne, anche in tempo di Covid – ha affermato Anna Bonanomi, segretaria generale dello Spi Cgil di Monza e Brianza, in occasione dell’incontro con le volontarie del centro di via Mentana -. Immaginiamo che la difficoltà per le donne maltrattate sia stata enorme in questo periodo”.
Le fa eco Gloria Giannessi, segretaria organizzativa dello Spi brianzolo: “Quando con il Coordinamento Donne abbiamo avanzato la proposta, sapevamo di trovare il favore di tutto lo Spi. Il problema, purtroppo, è sempre attuale”.
“Vi siamo grate per questo aiuto – ha commentato la presidente del Cadom Anna Levrero -. Sono stati mesi di grande difficoltà, soprattutto quando in fase di lockdown siamo state costrette a chiudere; ma non abbiamo mai abbandonato nessuna donna e la linea telefonica è rimasta attiva”.
Una situazione inedita che ha messo a dura prova donne costrette a vivere chiuse in casa con i mariti e i figli senza possibilità di chiedere aiuto. “Non bisogna dimenticare – precisa la presidente del Cadom – che non tutte hanno gli strumenti per farsi sentire. Difatti gli appuntamenti con le donne sono ripresi appena possibile”.
Ogni sostegno al Cadom è ancora più prezioso da quando l’associazione ha deciso di non sottoscrivere il protocollo di Regione Lombardia che prevede la raccolta centralizzata dei dati delle donne che si rivolgono ai centri antiviolenza, legando la presa in carico e, quindi, i finanziamenti, alla compilazione di una scheda nominativa. Un “no” che il Cadom ha condiviso con altre realtà associative e che ha l’obiettivo di tutelare l’anonimato ma che, purtroppo, è costato l’esclusione dai finanziamenti.
“Malgrado l’esclusione dagli accrediti, riusciamo a rispondere efficacemente alle richieste che ci arrivano grazie al rafforzamento delle relazioni con le associazioni e con Polizia e Carabinieri. Relazioni costruite nel tempo: siamo noi che guidiamo la formazione a tutti i soggetti che operano nella rete, si parla il nostro linguaggio”, precisa Levrero.
E le parole non possono essere casuali quando si ha a che fare con donne maltrattate, motivo per il quale l’associazione di via Mentana ha tra le sue numerose volontarie anche psicologhe e avvocate: “Quello della denuncia è un momento delicato – avverte Levrero – che va preparato con calma, perché la donna non può tornare a casa e va costruita con cura una via di fuga”.
Ma la condizione fondamentale per la salvezza sembra essere sempre la stessa: avere un lavoro. “Il tema centrale è l’autonomia economica, perché l’uomo violento tende a tagliare tutti i rapporti con l’esterno e la donna si convince di essere la responsabile di ciò che le accade”, convengono Bonanomi e Levrero nello scambio di valutazioni.
Nel 2019 il Cadom ha registrato 4700 ore di accoglienza, 1200 ore di aggiornamento per i volontari, 900 ore di attività organizzative, 600 ore di incontri sul territorio. Nel 2019 le donne italiane che si sono rivolte al Cadom sono 164, contro le 67 straniere. Per un totale di 231 donne accolte e il coinvolgimento di 357 figli. Numeri che, alla luce delle difficoltà annunciate, potrebbero non diminuire.
Attualmente, il Cadom è aperto solo su appuntamento telefonando al numero 039.2840006, ed è raggiungibile anche attraverso il sito web www.cadom.it