Una perdita di fatturato di 3,8 miliardi è l’effetto della chiusura per un intero mese degli oltre 180mila ristoranti, bar e pizzerie situati nelle aree classificate di gravità massima o elevata in base al rischio contagio da coronavirus. E’ quanto emerge dallo studio della Coldiretti sulle conseguenze dell’entrata in vigore del nuovo Dpcm pubblicato in Gazzetta Ufficiale che individua tre livelli di rischio lungo la Penisola.
Sulle aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di elevata gravità e in quelle di massima gravità – sottolinea la Coldiretti – sono sospese tutte le attività di ristorazione e, quindi, anche la somministrazione di pasti e bevande da parte degli agriturismi. Si tratta di oltre la metà delle strutture di ristorazione presenti sull’intero territorio nazionale. Nelle zone critiche è consentita la sola consegna a domicilio, nonché fino alle 22 la ristorazione con asporto, con divieto di consumazione sul posto o nelle vicinanze dei locali. A preoccupare – denuncia la Coldiretti – è anche lo stop all’attività degli oltre 10 mila agriturismi presenti in queste aree.
La più colpita dalle misure restrittive sul fronte dei consumi fuori casa è la Lombardia che è la regione italiana con il maggior numero di locali per la ristorazione, oltre 51 mila. Limitazioni permangono però anche nel resto del territorio nazionale non compreso nelle due fasce più critiche dove le attività di ristorazione (bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie) sono consentite solo dalle 5 alle 18 con la possibilità sempre della consegna a domicilio, nonché fino alle 22 della ristorazione con asporto.
“Gli effetti della chiusura delle attività di ristorazione – continua la Coldiretti – si fanno sentire a cascata sull’intera filiera agroalimentare con disdette di ordini per le forniture di molti prodotti agroalimentari, dal vino all’olio, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. In alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo la ristorazione rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato. Le limitazioni alle attività di impresa devono dunque prevedere un adeguato e immediato sostegno economico lungo tutta la filiera per salvare l’economia e l’occupazione in un settore chiave del Made in Italy”.