Le vendite al dettaglio sono cresciute a ottobre dello 0,6% in valore e dello 0,2% in volume rispetto a settembre. Lo comunica l’Istat, sottolineando che a trainare l’aumento sono state soprattutto i beni alimentari (+0,8% in valore e +0,6% in volume). Le vendite dei beni non alimentari mostrano invece un lieve aumento in valore (+0,3%) mentre sono stazionarie in volume. Su base tendenziale le vendite segnano un incremento del 2,9% in valore e del 2,5% in volume. In crescita sia le vendite dei beni alimentari (+5,2% in valore e +3,7% in volume) sia quelle dei beni non alimentari (+1,2% in valore e +1,5% in volume).
Nel trimestre agosto-ottobre 2020, si registra un aumento congiunturale del 7,6% in valore e del 9% in volume. Crescono le vendite dei beni alimentari (+1,1% in valore e +1,4% in volume) e, in modo decisamente più sostenuto, quelle dei beni non alimentari (+13,1% in valore e +15,3% in volume). Rispetto a ottobre 2019, il valore delle vendite aumenta per la grande distribuzione (+5,2%) e diminuisce per le imprese operanti su piccole superfici (-2,1%). Le vendite al di fuori dei negozi calano del 9,2% mentre il commercio elettronico è in forte aumento (+54,6%).
“Impercettibile e con troppi elementi di criticità, la ripresa non è diffusa tra settori e formati distributivi. Le piccole e medie imprese e il commercio ambulante vivono difficoltà senza precedenti, soprattutto nell’abbigliamento, calzature e oggettistica da regalo”: questo il commento dell’Ufficio Studi di Confcommercio, per il quale “la situazione del commercio nel complesso si può sintetizzare con i canoni già emersi prima della pandemia: nella grande distribuzione crescono molto i discount anche a scapito degli ipermercati, il canale tradizionale soffre, il commercio elettronico acquista rapidamente – e in accelerazione – quote di mercato”.
“È perciò, fondamentale – conclude l’Ufficio Studi – che nei progetti che verranno messi in campo per la ripresa, anche attraverso i fondi europei, un ruolo centrale venga dato alle iniziative volte ad agevolare innovazione e digitalizzazione delle imprese commerciali di minori dimensioni, permettendone la sopravvivenza e contrastando i processi di desertificazione delle città”.
Prudenza e paura spengono il desiderio di fare acquisti: nel secondo trimestre dell’anno la riduzione della spesa media mensile per consumi è stata del 19,1% rispetto alla fine del 2019. Al netto della spesa alimentare e abitativa, il crollo è stato ben maggiore. Lo evidenzia il 54.mo Rapporto Censis, spiegando che nel confronto destagionalizzato tra il quarto trimestre 2019 e il secondo trimestre 2020 il consumo si è ridotto di quasi 20 miliardi di euro per i servizi e di 10,5 miliardi per i beni.
“I comportamenti delle famiglie sono improntati alla prudenza, che si somma alla storica stagnazione dei consumi”, spiega il Censis, evidenziando che il tasso medio annuo di crescita reale si è progressivamente ridotto: dal +3,9% degli anni ’70 al +2,5% degli anni ’80, al +1,7% degli anni ’90, al +0,2% degli anni 2000.