Riaprire le scuole di ogni ordine e grado e riattivare completamente i contatti sociali senza misure restrittive potrebbe determinare “un’onda epidemica non contenibile”. Lo si legge in uno studio Inail-Iss pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences of the Us (Pnas). “L’analisi condotta – si legge – non permette di distinguere tra infezione trasmessa all’interno degli edifici scolastici e infezione trasmessa durante le attività peri-scolastiche (es. trasporti, assembramenti fuori dalle scuole, attività extra-scolastiche)”. La riapertura fino alle medie – si legge – potrebbe avere “un impatto limitato”.
Secondo lo studio, le riaperture sono rischiose se l’incidenza del contagio da Covid resta alta anche se l’Rt è minore di 1. “Allentare le restrizioni quando l’incidenza delle infezioni è ancora alta – si legge – può portare a un rapido nuovo picco dei casi, e quindi dei ricoveri, anche se l’Rt è inferiore a 1. Nello studio è stato usato un modello di trasmissione del virus per stimare l’impatto di diverse strategie di mitigazione, introducendo anche la stima del rischio nei diversi settori.
“Per quanto riguarda la tempistica con cui vengono riattivati i contatti sociali – si legge in una nota Inail sullo studio – la ricerca mostra che un anticipo prematuro delle riaperture può incidere notevolmente sull’andamento dell’epidemia. Ad esempio, anticipare al 20 aprile la fine del lockdown avvenuta in Italia il 18 maggio avrebbe potuto generare un incremento di circa il 500% delle ospedalizzazioni cumulative rispetto a quelle osservate da maggio fino a fine settembre.
“Dall’analisi è emerso – si legge ancora – che l’Rt minore di 1 è necessario per permettere un margine di azione dopo il rilascio delle restrizioni, mentre la bassa incidenza è necessaria per mantenere il livello dei casi, e quindi di ospedalizzazioni e decessi, approssimativamente costante dopo che l’Rt ritorna a valori vicini a 1 a seguito delle riaperture. Questo ad esempio è avvenuto l’estate scorsa: l’Rt a livello nazionale è stato stimato a circa 3 in febbraio, è poi sceso sostanzialmente sotto 1 nel giro di due settimane a seguito del lockdown imposto l’11 marzo ed è poi ricresciuto a valori vicini e anche leggermente superiori a 1 a seguito delle riaperture del 18 maggio.
“In particolare – spiega Stefano Merler, ricercatore FBK – l’incidenza deve essere sufficientemente bassa da poter essere gestita dai sistemi di prevenzione con l’isolamento dei casi e la quarantena dei contatti. Basandosi sul periodo in cui i servizi di prevenzione hanno cominciato ad andare in sofferenza a causa dell’aumento di incidenza di casi durante la seconda ondata, questa incidenza dovrebbe essere inferiore a circa 50 casi settimanali ogni 100.000 abitanti. La ricerca – prosegue Merler – mostra che il potenziale di trasmissione di Covid-19 è ancora altissimo e suggerisce estrema cautela nella scelta dei contatti sociali che vengono riattivati e nella tempistica di riattivazione degli stessi”. (Ansa)