Con il caldo è corsa verso il mare, le gite fuori porta, lo shopping ed i ristoranti durante l’ultimo week end prima del cambio di colore per 16,3 milioni di italiani che risiedono in Lombardia, Piemonte e Marche che da lunedi passano ad arancioni mentre la Basilicata si colora di rosso. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti in riferimento alla nuova mappa dei colori in vigore dall’1 marzo nella quale torna gialla la Liguria ma complessivamente ben dieci regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano insieme a diverse microaree diffuse nella Penisola sono considerate a rischio. In altre parole – sottolinea la Coldiretti – da lunedi quasi 6 italiani su 10 (57%) sono costretti ad affrontare le restrizioni nelle regioni arancioni e quelle più rigide in vigore nelle rosse per il rischio Covid.
In queste Regioni nei ristoranti e agriturismi è consentita solo la consegna a domicilio o l’asporto, con limitazioni fino alle 18 per i bar che riducono ulteriormente la sostenibilità economica per giustificare le aperture tanto che in molti preferiscono mantenere le serrande abbassate aumentando le perdite economiche ed occupazionali. Una situazione che con il caldo favorisce gli assembramenti nelle piazze, lungo le vie dello shopping, nel lungomare o davanti ai locali della ristorazione dove all’interno sono state adottate importanti misure di sicurezza, quali il distanziamento dei posti a sedere facilmente verificabile, il numero strettamente limitato e controllabile di accessi, la registrazione dei nominativi di ogni singolo cliente ammesso.
I consumi alimentari degli italiani fuori casa nel 2020 sono scesi al minimo da almeno un decennio con un crack senza precedenti per la ristorazione che dimezza il fatturato (-48%) per una perdita complessiva di quasi 41 miliardi di euro, secondo le stime Coldiretti su dati Ismea. Gli effetti della chiusura delle attività di ristorazione si fanno sentire a cascata sull’intera filiera agroalimentare con disdette di ordini per le forniture di molti prodotti agroalimentari, dal vino all’olio, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. In alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo la ristorazione rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato.
Le limitazioni alle attività di impresa – evidenzia la Coldiretti – devono dunque prevedere un adeguato e immediato sostegno economico lungo tutta la filiera per salvare l’economia e l’occupazione. Le difficoltà della ristorazione si trasferiscono infatti sulle 70mila industrie alimentari e 740mila aziende agricole lungo la filiera impegnate a garantire le forniture per un totale di 3,6 milioni di posti di lavoro. Si tratta di difendere la prima ricchezza del Paese con la filiera agroalimentare nazionale che vale 538 miliardi pari al 25% del PIL nazionale ma è anche una realtà da primato per qualità, sicurezza e varietà a livello internazionale. Occorre salvaguardare – conclude la Coldiretti – un settore chiave per la sicurezza e la sovranità alimentare soprattutto in un momento in cui con l’emergenza Covid il cibo ha dimostrato tutto il suo valore strategico per il Paese.