MONZA – “Da quattordici mesi sono gli eroi: a parole, non a fatti. I loro sforzi non sono stati riconosciuti professionalmente ed economicamente, le loro richieste continuano a cadere nel vuoto. E oggi 12 maggio – Giornata Internazionale dell’infermiere – certamente in tanti si riempiranno la bocca con proclami e promesse, ma le richieste verranno puntualmente disattese”. E’ la constatazione amara del Nursind, il sindacato degli infermieri, che ha molto da ridire anche sulla situazione di Monza e Brianza.
“C’è ben poco da festeggiare – commenta Donato Cosi, coordinatore regionale NurSind e componente della direzione nazionale NurSind, il maggiore sindacato della categoria degli infermieri – La professione, l’impegno, il sacrificio (pagato anche con la vita) sono finiti nel dimenticatoio, e ogni volta che la categoria rivendica diritti e promesse alla Regione e alle direzioni delle aziende ospedaliere la risposta è un assordante silenzio”.
Dall’inizio dell’emergenza sanitaria, fortunatamente, il territorio di Monza e Brianza non ha infermieri morti per covid. Elevatissimo, però, il numero dei contagiati, soprattutto nella prima ondata, quando il sindacato già denunciava la presenza di Dpi (Dispositivi di protezione individuale non adeguati) e di mascherine non conformi. A novembre quando la seconda ondata ha preso in pieno Monza e la Brianza oltre 500 infermieri erano stati contagiati.
“Noi ci siamo contagiati in corsia – ribadisce Cosi -. Alcuni hanno rischiato di morire, molti portano ancora i segni fisici e psicologici di quel calvario. A marzo 2020 quando abbiamo denunciato le mascherine non a norma Regione e Aziende ospedaliere ci avevano ribattuto che era tutto conforme. Poi, pochi mesi fa, solo grazie alle indagini giornalistiche è uscita la verità: noi avevamo ragione”.
Ma adesso, in questa fase in cui il virus si combatte a suon di vaccini, gli infermieri continuano la loro battaglia quotidiana contro lo sfruttamento della professione. “La stragrande maggioranza degli infermieri lombardi si è vaccinata – conferma Cosi – Oltre il 95%”. Ma il problema è l’impiego degli infermieri nella campagna vaccinale. Il personale non è stato integrato. Gli infermieri che vaccinano negli hub della Lombardia sono infermieri sottratti alle corsie e agli ambulatori che, ancora oggi, in molte aziende ospedaliere non sono stati aperti. Si garantisce il vaccino, ma si nega la cura, la prevenzione, i controlli, gli esami di routine… “.
La coperta è corta, ma il corpo da coprire è sempre più ampio e le Asst lombarde secondo il Nursind non utilizzano i fondi messi a disposizione dal Governo per la campagna vaccinale.
“Emblematico il quadro della Brianza – aggiunge – Per garantire la campagna vaccinale di massa su tutti gli hub presenti sul territorio servirebbero circa 300 infermieri. Il persone infermieristico c’è: lo tolgono dagli ospedali, e a pagare lo scotto è sempre il cittadino, il malato cronico, la persona fragile”.
Nota dolente, sul territorio di Monza e Brianza, anche l’infermiere di famiglia. “Tanto sbandierato – conclude Cosi – ma ad oggi resta solo sulla carta. I pochi arruolati non vengono dedicati esclusivamente al servizio, ma impiegati nella campagna vaccinale”.