Sono strategici i mercati esteri per il settore biologico italiano, con l’export che nell’anno del Covid ha messo a segno una crescita dell’8%, pari al 3,5% del totale agroalimentare. Una sfida all’internazionalizzazione che ora si gioca ora sulla capacità di capitalizzare la crescita di produzione e consumi interni e di accrescere la presenza dei produttori del settore proprio nelle catene del valore dei mercati stranieri. E’ il messaggio lanciato da Cia-Agricoltori Italiani e Anabio, la sua associazione per la promozione del biologico, in occasione del webinar sul tema e dedicato alla piattaforma ItaBio con Nomisma, Agenzia Ice e FederBio.
I consumi bio a livello mondiale sono cresciuti in 10 anni del 115% con Germania, Scandinavia e Stati Uniti tra i mercati con le maggiori prospettive di crescita. Ad attrarre i mercati esteri sono la pasta (+15,5% nell’ultimo anno), il vino (+2,4% sul 2019), con il 93% dei consumatori americani e il 43% dei cinesi. E ancora frutta e verdura fresca, secondo prodotto italiano più esportato (+4% sul 2019). Secondo Cia e Anabio, si tratta, dunque, di un quadro estremamente interessante per il mercato italiano che vale oltre 4,3 miliardi, sul quale occorre continuare a investire. Bene quindi puntare su fiere, formazione e assistenza per la certificazione bio necessaria ai mercati esteri. In quest’ambito, poi, entra in gioco anche per i produttori Cia e Anabio, la Piattaforma ItaBio per incrementare il posizionamento del biologico sui mercati internazionali e sui canali e-commerce, con particolare riferimento a Usa e Cina. (Ansa)