VERONA – I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Verona, all’esito di specifiche indagini delegate dalla locale Procura della Repubblica nel settore degli appalti pubblici, hanno eseguito ieri un decreto di sequestro preventivo «per equivalente» per un importo complessivo di oltre 12 milioni di euro.
Il provvedimento, disposto dal Gip del Tribunale di Verona su richiesta del Sostituto Procuratore Maria Diletta Schiaffino, è stato emesso nei confronti di una società della provincia operante nel settore sportivo e del suo rappresentante legale, un imprenditore 60enne residente a Verona che è indagato, tra l’altro, per i reati di truffa aggravata nei confronti di un ente pubblico (la Prefettura di Verona), falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e turbata libertà degli incanti.
Il sequestro giunge al termine di articolate indagini del Nucleo di polizia economico finanziaria di Verona, durate oltre due anni, le quali – grazie anche alla collaborazione della Prefettura, che aveva segnalato talune irregolarità rilevate in fase di rendicontazione delle spese – hanno disvelato i contorni di una ben architettata truffa perpetrata dalla società, affidataria – insieme ad altre – del servizio di accoglienza ed assistenza ai cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale in provincia di Verona negli anni 2016, 2017 e 2018 e, per questo, destinataria di una somma complessiva di 12.242.711 euro in relazione alla gestione di oltre 700 migranti.
Nel corso delle investigazioni, i Finanzieri hanno accertato una serie di irregolarità nella documentazione prodotta in sede di gara, recante false attestazioni in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione al bando, tra cui quelli riferiti all’oggetto sociale, alla pregressa esperienza nel settore, al numero di operatori e alla idoneità delle strutture destinate all’accoglienza.
Le Fiamme Gialle scaligere hanno appurato, in particolare, che a fronte della «comprovata esperienza in ambito SPRAR [ndr, Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati] o in progetti di accoglienza similari destinati ai richiedenti protezione internazionale» condizione necessaria richiesta dal bando di gara, la società aveva attestato – senza, tuttavia, documentarne la circostanza – di essersi impegnata nel tempo nell’inserimento sociale degli immigrati attraverso attività svolte a favore di giovani profughi provenienti dall’Albania nel 1989 e dalla ex Jugoslavia negli anni 1991-1995, laddove la stessa era stata, invece, costituita nel settembre del 2000.
Inoltre, a fronte del requisito di avere tra i propri fini istituzionali quello di «operare in un settore di intervento pertinente con i servizi di assistenza alla persona, di accoglienza e di integrazione», i Finanzieri hanno rilevato che l’oggetto sociale dichiarato presso la Camera di Commercio era del tutto estraneo e prevedeva, invece, l’«esercizio di attività sportive ed attività ad esse connesse o strumentali», poi ampliato in epoca successiva proprio al fine di poter accedere ai successivi bandi indetti dalla Prefettura di Verona.
I militari del Nucleo di polizia economico finanziaria hanno altresì constatato – a fronte delle previsioni di aver «reso senza demerito servizi di assistenza e accoglienza… nell’arco degli ultimi due anni» – che la società aveva dichiarato genericamente di aver svolto detti servizi in tale periodo, tuttavia in assenza di documentazione a dimostrazione di quanto affermato e in maniera non corrispondente al vero, atteso che nella data di presentazione dell’istanza di partecipazione alla gara non possedeva tale requisito, la cui mancanza, peraltro, aveva comportato l’esclusione di un altro soggetto dalla medesima procedura.
I Finanzieri hanno poi accertato che il numero degli operatori utilizzato non era congruo rispetto alla gestione dei servizi di assistenza e accoglienza da garantire e che alcune strutture abitative indicate come idonee ad ospitare gli immigrati, già al momento della presentazione dell’istanza di partecipazione alla gara in realtà non possedevano i necessari requisiti di idoneità richiesti dal bando. In altri casi la società aveva anche dichiarato posti disponibili di gran lunga superiori rispetto ai previsti parametri di idoneità alloggiativa.
Le indagini svolte hanno portato alla luce anche specifiche criticità e anomalie in tema di sub-appalto, in quanto la società vi aveva fatto ricorso non già per garantire i «servizi di pulizia e di fornitura pasti» (circostanza ammessa dal bando), bensì per soddisfare esigenze di alloggio e di accompagnamento dei profughi.