In controtendenza rispetto all’andamento generale solo l’agricoltura resiste al Covid con ben 441179 lavoratori autonomi impegnati nel settore nel 2020, un numero sostanzialmente stabile rispetto all’anno precedente (-1%). E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Inps in riferimento alla studio della Cgia di Mestre sulla “strage” di lavoratori indipendenti , ovvero gli autonomi e delle partite Iva, nella fase più acuta della pandemia.
Il lavoro autonomo in agricoltura, rappresentato per il 90,1% dai coltivatori diretti, ha sostanzialmente tenuto – sottolinea la Coldiretti – sia nella componente maschile (294610) che in quella femminile (146569), nonostante le difficoltà. Importante è stato anche il contributo all’occupazione dipendente con il numero di operai agricoli dipendenti che passa da 1.056.984 del 2019 a 1.049.336 del 2020, con un lievissimo decremento di circa 7.600 lavoratori, pari a -0,7% nonostante gli effetti negativi della chiusura della ristorazione e delle difficoltà per le esportazioni che si sono scaricati a valanga sulle aziende agricole.
In questo contesto – sottolinea la Coldiretti – va segnalato che le difficoltà agli spostamenti dei lavoratori alle frontiere per effetto della pandemia, ha ridotto la presenza di lavoratori stranieri ed aumentato quella degli italiani che sono tornati a considerare il lavoro in agricoltura una interessante opportunità. Basti pensare che ben il 43% dei dipendenti in agricoltura ha meno di 40 anni. E che piena pandemia il numero di giovani imprenditori agricoli ha registrato un incremento dell’8% negli ultimi cinque anni, che ha portato al lavoro nelle campagne italiane un esercito di 55mila imprese giovani che ha di fatto rivoluzionato il mestiere dell’agricoltore impegnandosi in attività multifunzionali che vanno dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo, ma anche alle attività ricreative, l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, la sistemazione di parchi, giardini, strade, l’agribenessere e la cura del paesaggio o la produzione di energie rinnovabili.
Il cambiamento è in atto anche le mansioni richieste ai lavoratori dipendenti dove accanto alle figure tradizionali come potatori di alberi da frutta, olivi e vigne o ai trattoristi serve un piano integrato di formazione che coinvolga le scuole anche per favorire le sfida della rivoluzione digitale nelle campagne con gli investimenti in droni, gps, robot, software e internet delle cose che hanno raggiunto i 540 milioni di euro con un balzo del +20% proprio nell’anno della pandemia per combattere i cambiamenti climatici, salvare l’ambiente e aumentare la sostenibilità delle produzioni.
“La pandemia ha accelerato il fenomeno del ritorno alla terra e maturato la convinzione comune che le campagne siano oggi capaci di offrire e creare opportunità occupazionali e di crescita professionale, sia per chi vuole intraprendere che per chi vuole un lavoro al contatto con la natura” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “per cogliere questa opportunità serve un piano per la formazione professionale e misure per ridurre la burocrazia e contenere il costo del lavoro con una radicale semplificazione che possa garantire flessibilità e tempestività di un lavoro legato all’andamento climatico sempre più bizzarro”.