È stato un 2020 di ripresa per il turismo italiano, perlomeno nei primi nove mesi dell’anno e in confronto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ma la “botta” del coronavirus non è stata ancora assorbita, tutt’altro. Lo raccontano i dati diffusi dall’Istat (link al documento completo in pdf) nel report “Movimento turistico in Italia, gennaio-settembre 2021”, da cui emerge innanzi tutto una crescita delle presenze dei clienti negli esercizi ricettivi (+22,3% sul 2020), anche se il dato resta ben sotto i livelli del 2019 (-38,4%). Nel solo trimestre estivo (luglio-settembre) le presenze turistiche sono state circa 177 milioni (+31% rispetto al 2020 e -14% sul 2019). Stesso trend per I viaggi dei residenti per motivi di lavoro (circa 1,5 milioni) e per vacanza (circa 18 milioni), sui livelli dei primi nove mesi del 2020 ma al di sotto di quelli del corrispondente periodo del 2019.
Di positivo c’è che i dati del nostro Paese sono migliori della media europea rispetto al 2019, tanto da conquistare la prima posizione per numero di presenze scalzando la Spagna. Tra le componenti della domanda turistica, gli stranieri sono risultati in calo del 56,1% rispetto al -20,3% degli italiani. Mentre per quanto riguarda le tipologie di strutture ricettive, a soffrire di più è il comparto alberghiero, con un calo di presenze del 44,3% rispetto al comparto extra-alberghiero (- 28,3%). Rispetto ai primi nove mesi del 2020, negli esercizi ricettivi c’è stato comunque un sensibile aumento delle presenze (+22,3%) e degli arrivi (+16,2), con andamento positivo sia per il settore extra-alberghiero (+27,4%) che per quello alberghiero (+18,7%).
A livello territoriale, la scelta dei turisti italiani ha premiato come prima meta l’Emilia-Romagna, (15,1% delle presenze complessive contro il 14,4% nel 2019), seguita da Veneto (12,8%) e Toscana (11,1%). Al quarto posto la Puglia e al quinto la Lombardia (che occupava il quarto posto nel 2019).
In riferimento ai dati diffusi dall’Istat e ai toni entusiastici con i quali sono stati da più parti commentati, Federalberghi esprime “tutta la sua contrarietà”. “Questi dati – dice l’Associazione degli albergatori aderente a Confcommercio – ci lasciano con l’amaro in bocca. Nessun trionfalismo riteniamo possa aver ragione d’essere in relazione alla classifica europea secondo la quale l’Italia sarebbe il paese meno danneggiato dalla scarsa presenza dei turisti nel periodo pandemico. In realtà il 2020 è stato l’anno peggiore della storia, considerando poi che nei primi mesi dell’anno, quelli cioè caratterizzati dal lockdown, era vietato viaggiare se non per motivi essenziali. Ha quindi davvero poco senso festeggiare un primato fittizio, a fronte di una realtà in cui il mercato è ben lontano dai livelli del 2019”. “Lo stesso report dell’Istat – prosegue Federalberghi – sottolinea che le grandi città, che nel 2019 rappresentavano un quinto delle presenze totali, hanno subito un crollo del 71% nel 2021. Non stupisce quindi che molte imprese siano chiuse da marzo 2020 e che molte altre purtroppo torneranno a chiudere nei prossimi giorni, a causa di una domanda stagnante e del clima d’incertezza generalizzato. È pressoché impossibile pensare che qualunque azienda di altro settore diverso dal nostro possa sopravvivere con questi dati”.
Per il turismo italiano, poi, il 2021 è stato il secondo anno consecutivo in “rosso”. Secondo i dati dell’Osservatorio Federalberghi, infatti, sono andate in fumo 148 milioni di presenze turistiche, praticamente un pernottamento su tre in meno rispetto al 2019, che diventa uno su due per i turisti stranieri. “Non possiamo pensare che tutto sia passato, che tutti abbiano ripreso a viaggiare come prima. Se è vero che vaccini e misure di distanziamento ci rendono più sicuri, non possiamo dimenticare che per molti è ancora vietato entrare nel Belpaese e che anche gli italiani vanno alla scoperta della propria nazione con maggiore difficoltà”, commenta Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi.
In questo scenario imprese e dipendenti degli hotel italiani hanno visto venir meno una ad una le misure di sostegno che avevano permesso la sopravvivenza delle aziende e dei relativi posti di lavoro: il credito d’imposta sugli affitti, l’esonero dal pagamento dell’Imu, la moratoria sui mutui e la cassa integrazione Covid.
“La burrasca è tutt’altro che passata – conclude Bocca – e tutto il settore alberghiero guarda con il fiato sospeso al Consiglio dei Ministri di domani. Imprese e lavoratori degli alberghi hanno bisogno ancora del sostegno del Governo per poter passare la più gande crisi che si sia mai vista nel settore”.