Il primo mese del 2022 non porta buone notizie sullo stato della fiducia di imprese e consumatori. Se nei trentuno giorni precedenti il risultato era stato a due facce (male quella delle prime, leggero aumento di quella dei secondi), per gennaio l’Istat stima una diminuzione sia dell’indice del clima di fiducia dei consumatori (da 117,7 a 114,2) sia dell’indice composito del clima di fiducia delle imprese (da 112,7 a 105,4). Per le imprese si tratta di un “deciso ridimensionamento”, visto che l’indice scende “al valore più basso degli ultimi nove mesi”.
In diminuzione tutti i comparti, anche se con intensità diverse. La discesa è contenuta nell’industria (nel manifatturiero l’indice di fiducia passa da 115 a 113,9 e nelle costruzioni scende da 159,1 a 158,8) e nel commercio al dettaglio (da 107,4 a 106,6). Nei servizi di mercato, invece, c’è una brusca caduta (si passa da 109,6 a 94,9). Nel commercio al dettaglio, migliorano i giudizi sulle vendite correnti mentre diminuiscono le aspettative sulle vendite future e le scorte sono giudicate in accumulo. A livello di circuito distributivo, la fiducia è in diminuzione nella grande distribuzione mentre migliora in quella tradizionale. Il crollo dei servizi di mercato è determinato soprattutto dal pessimo risultato del trasporto e magazzinaggio e dei servizi turistici.
Quanto ai consumatori, tutte le componenti dell’indice sono in calo, soprattutto quelle riferite al clima economico (l’indice passa da 139,6 a 129,7) e al clima futuro (da 120,8 a 113,5). La flessione è invece contenuta per la componente personale (da 110,4 a 109) e per quella corrente (da 115,6 a 114,7). In calo le attese sulla situazione economica dell’Italia e sull’andamento della disoccupazione.
“Come era logico attendersi, l’incrocio tra i nuovi vincoli alla socialità e alla produzione con il ritorno dell’inflazione, ha generato una diffusa riduzione della fiducia, tanto tra le famiglie quanto tra gli imprenditori. Uno ‘shock’ di inizio 2022 che non va sopravvalutato ma che non deve essere nemmeno del tutto trascurato”. Questo il commento dell’Ufficio Studi di Confcommercio, per il quale “gli impulsi sui costi dell’energia si stanno diffondendo alle altre filiere e cominciano a leggersi nelle dinamiche dei prezzi al consumo, comportando, almeno nel breve termine, un’erosione del potere d’acquisto delle cospicue attività liquide non protette dall’inflazione. Ciò potrebbe comprimere la dinamica dei consumi, indebolendo la ripresa”.
“Preoccupazioni sulla crescita – prosegue l’Ufficio Studi – emergono con chiarezza anche dal versante delle imprese, sia pure con diverse intensità. Se nel commercio al dettaglio qualche giovamento deriva dalla sostituzione delle consumazioni fuori casa con acquisti per l’alimentazione domestica, presso i servizi di mercato si acuisce gravemente il disagio delle imprese, in particolare nei trasporti e nella filiera turistica. Il che ripropone il tema di una ripresa eterogenea, con ampi settori del terziario di mercato ancora in piena pandemia economica, una condizione di fragilità che si riverbera sulla tenuta complessiva del sistema produttivo”.