Quest’anno la giornata mondiale dell’acqua, che ricorre il 22 marzo, si celebrerà in un quadro di carenza di questa risorsa che ha pochi precedenti storici per la Lombardia e, in generale, per il bacino del Po e dei suoi affluenti. La stagione irrigua non è ancora iniziata, ma le colture sono già in sofferenza e i corpi idrici stanno ancora peggio a causa di una condizione di siccità che continua a perdurare.
Normalmente, le acque superficiali di Lombardia si trovano in tre grandissimi serbatoi: la neve in montagna, i grandi laghi regolati (Verbano, Lario, Sebino, Eridio e Benaco) e gli invasi degli sbarramenti idroelettrici in alta quota. Secondo Arpa Lombardia, che da un quindicennio monitora lo “stato di riempimento” di questi serbatoi, in questo periodo dell’anno essi dovrebbero contenere mediamente 3,6 miliardi di metri cubi d’acqua: nessuna regione italiana può disporre di simili volumi di riserve idriche, un volano formidabile per affrontare l’intera stagione irrigua. Il problema è che quest’anno mancano all’appello oltre 2 miliardi di metri cubi e la situazione è in continuo peggioramento, nonostante gli sforzi dei consorzi regolatori dei laghi per mantenere l’acqua all’interno degli invasi lacustri, ormai semivuoti: nei grandi laghi si stima che il volume di acqua disponibile per l’irrigazione si sia ridotto a 500 milioni di metri cubi, il 30% della media degli anni precedenti. A conservare una buona parte delle sue riserve c’è solo il lago di Garda, mentre il Lago di Como e d’Iseo stanno raschiando il fondo, entrambi sono solo al 5% della loro capacità, e il Lago Maggiore, da cui dipende l’irrigazione di gran parte delle risaie tra Lombardia e Piemonte, dispone solo del 30% della sua capacità.
La situazione non sarebbe così grave se ci fosse neve in montagna: ma è proprio dai dati di scarso innevamento che emerge il quadro più drammatico: negli ultimi quindici anni non ce n’è mai stata così poca. Il volume idrico equivalente alla neve presente sulle nostre Alpi è pari a 800 milioni di metri cubi, meno di un terzo dei 2,5 miliardi di metri cubi che di solito si misurano in questa stagione.
Anche per le scorte stoccate nei bacini idroelettrici le cose vanno malissimo: con meno di 200 milioni di metri cubi di acqua residua, gli invasi della montagna lombarda sono sotto del 40% rispetto al dato tipico di questo periodo. E in questo caso, alla preoccupazione per la scarsità idrica si aggiunge quella per la mancata produzione elettrica, proprio quest’anno che abbiamo una impellente necessità di ridurre le nostre importazioni di gas.
“Una situazione gravissima che rischia di precipitare quando, a breve, partirà la stagione irrigua – dichiara Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia – già oggi i fiumi sono in sofferenza, con la portata rilasciata dai laghi ai minimi storici, non vogliamo vedere gli alvei completamente a secco quando occorrerà ricominciare a immettere acqua nei canali: sarebbe un danno ecologico inaccettabile per i nostri corsi d’acqua. Già in passato la crisi idrica aveva portato a sacrificare i fiumi pur di alimentare i canali di irrigazione, una situazione che aveva creato danni enormi agli ecosistemi fluviali, e che non deve ripetersi. È fondamentale per questo rispettare gli obblighi di deflusso di acqua che deve essere rilasciata a valle delle captazioni irrigue e idroelettriche: la vita di fiumi e torrenti non è negoziabile”.
Tra le Regioni più “idrovore” figura la Lombardia con 1,42 miliardi di metri cubi di acqua consumata. Le colture della Pianura Padana, specialmente riso e mais, sono molto esigenti in fatto di irrigazione. I conflitti per l’accesso alla risorsa idrica rischiano di diventare sempre più difficili da gestire, se non cambieranno gli orientamenti colturali.
“Se qualcuno continua ad illudersi che potremo convivere con un clima diverso senza cambiare nulla – aggiunge Damiano Di Simine, coordinatore scientifico di Legambiente Lombardia -, è bene che faccia due conti. Il cambiamento climatico impone di rivedere tutto, a partire dagli orientamenti colturali della Pianura Padana, ed in particolare il mais, che richiede enormi quantità d’acqua nella stagione più calda, deve fare spazio ad altre colture, meno esigenti di risorsa idrica, mentre occorre intensificare gli sforzi per ridurre le emissioni di gas climalteranti, perché è l’unico modo che abbiamo per abbassare la febbre del pianeta”.
Secondo Legambiente è necessario salvaguardare il delicato equilibrio delle risorse idriche delle valli anche con regolamenti più rigidi nella fase di transizione dal Deflusso Minimo Vitale al Deflusso Ecologico (D.E.) che deve essere stabilito determinando un rilascio che, per disposizione dell’Unione Europea, non dovrà più fondarsi sul concetto di “minimo” ma risultare “idoneo” al perseguimento degli obiettivi di qualità fluviale.