Il dato odierno sulle vendite al dettaglio se da un lato è una boccata di ossigeno per le imprese, anche per quelle di piccole dimensioni, che nei mesi di gennaio e febbraio registrano una crescita dell’8,9% in valore rispetto al 2021 – un risultato che, pur ridimensionandosi al 7% in volume, è senz’altro significativo – dall’altro, però, ancora non registra l’onda d’urto della guerra in Ucraina che ha purtroppo frenato la ripresa in corso. Così, in una nota, Confesercenti commenta le stime diffuse oggi da Istat.
L’incremento è tanto più importante perché si concentra principalmente nel non alimentare, un comparto che ha sofferto particolarmente durante la pandemia e che, ancora nel 2021, non è riuscito a recuperare completamente sul 2019, complice anche l’esplosione dell’e-commerce che ha eroso gran parte della nuova spesa delle famiglie. Secondo nostre stime, infatti, il 2021 si è chiuso per il comparto non alimentare – relativamente ai soli esercizi in sede fissa – con un gap di quasi 5,5 miliardi di fatturato da recuperare, con il picco di abbigliamento e calzature che supera i 3,6 miliardi.
Dai dati, però, non emerge ancora l’impatto della crisi internazionale in corso che ha rallentato il recupero in atto ed ha portato anche il Governo, con il Def, a ridurre la previsione per i consumi dal 5% di ottobre scorso al 3%. L’impennata dei prezzi dei beni energetici, con tutti gli effetti di trascinamento che incorpora e che spinge l’esecutivo stesso ad ipotizzare un’inflazione che sfiora il 6%, giocherà infine un ruolo significativo nelle decisioni di spesa delle famiglie, costrette a dare la priorità alle spese obbligate, tra cui le bollette energetiche e a ridimensionare altre voci, mettendo fortemente a rischio la ripresa.