“I prezzi al consumo dell’energia elettrica in Italia presentano un andamento fortemente divaricato rispetto agli altri maggiori paesi europei, come evidenziato dalle nostre recenti analisi. Sul divario presa il differente mix di fonti di generazione elettrica, dominata dal nucleare in Francia e caratterizzata da un alto e crescente uso del carbone in Germania. L’andamento divergente dei costi di impresa pone un problema di competitività delle imprese italiane – che si sovrappone ai violenti effetti della crisi energetica in corso – come confermato dall’analisi dei dati pubblicati nei giorni scorsi da Eurostat sui prezzi dell’energia pagati dalle imprese. Nel secondo semestre del 2021 i prezzi nella classe di consumo di maggiore rilevanza per le piccole imprese – tra 20 e 500 MWh (IB), valutati al netto di IVA e altre imposte recuperabili – salgono del 23,8% a fronte del +2,1% medio di Francia e Germania, composizione di un aumento dell’1,8% per le imprese tedesche e del 2,5% per le imprese francesi. L’escalation dei prezzi delle commodities energetiche nella seconda metà dello scorso anno ha duramente colpito le imprese italiane mentre non è stata praticamente avvertita dai competitor europei. L’andamento dei prezzi cristallizza lo spread del costo dell’elettricità: l’Italia, già prima della crisi, registrava il 2° più elevato prezzo dell’elettricità pagato dalle MPI nell’Unione europea a 27”. Confartigianato, dati alla mano, esprime tutto il suo malcontento per il caro bolletta.
Costi divergenti ma la manifattura, per ora, tiene – Nonostante l’ampio divario dei costi dell’energia, la manifattura italiana registra, per ora, una performance produttiva migliore rispetto al resto d’Europa.
L’indice della produzione manifatturiera negli ultimi sei mesi – settembre 2021 e febbraio 2022 – in Italia segna un aumento del 3,9% su base annua rispetto a +0,4% della Francia e al -0,5% della Germania. Grazie ad una produzione di qualità e un marcato orientamento all’innovazione, la manifattura italiana mantiene le quote di mercato, in un contesto di forte turbolenza dei prezzi.
Tuttavia non mancano situazioni più difficili, come ha documentato il 19° report di Confartigianato presentato questa settimana: nel settore della fabbricazione di altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi, come vetro, ceramica, cemento, refrattari, ecc., più esposto alla crescita dei costi energetici, nel primo bimestre del 2022 la produzione in Italia registra un calo a fronte di un corrispondente forte aumento di Francia e Germania. A marzo la domanda di gas delle imprese manifatturiere è scesa del 10,3% rispetto ad un anno prima, ad aprile scende del 7,8%, fornendo un importante segnale recessivo.
Anche l’impulso sull’inflazione al consumo data dai prezzi alla produzione è contenuta: i prezzi delle imprese sul mercato interno per i beni non energetici in Italia salgono del 13,2%, in linea con quello rilevato in Germania e inferiore di quasi mezzo punto al +13,6% dell’Eurozona.
Con la guerra crisi energetica più acuta, necessaria risposta congiunta dell’Ue – La ‘finestra statistica’ che stiamo indagando in questa nota mostra una capacità di reazione del sistema delle imprese italiane, ma il quadro è destinato a peggiorare nei prossimi mesi, con l’accelerazione dei prezzi dell’energia – vi vedano le proiezioni sul 2022 proposte da Confartigianato del Veneto – la ridefinizione dei listini e dei contratti di lungo termine da parte delle imprese e il rallentamento del commercio internazionale, catalizzato dalla frenata dell’economia cinese e amplificato dal prolungamento della guerra in Ucraina.
In tale contesto, è necessario che le politiche nazionali ed europee, affrontino subito i costi della guerra, per evitare di sprofondare in una recessione, come ha ricordato ieri il Presidente del Consiglio Mario Draghi nell’intervento al Parlamento europeo. Serve un intervento europeo di ampia scala dato che “nessun bilancio nazionale è in grado di sostenere questi sforzi da solo. Nessun Paese può essere lasciato indietro.” Come già indicato nelle comunicazioni alle Camere del Presidente del Consiglio dello scorso 23 marzo, è necessaria una risposta comune dell’Unione europea che utilizzi l’esperienza di debito congiunto di Next Generation EU.