Nel 2022 Pil e consumi aumenteranno entrambi del 2,5%. È la previsione più recente dell’Ufficio Studi di Confcommercio, messa nero su bianco nella “Nota sulle economie regionali” presentata in occasione dell’Assemblea Generale della Confederazione.
Si tratta di una revisione al rialzo di circa lo 0,4% rispetto alla valutazione precedente, che conferma quanto osservato nel 2021 e nella prima parte dell’anno in corso, ovvero che “il sistema Italia ha sorpreso per capacità di vitalissima reazione”. Certo, c’è il problema inflazione, vista in aumento del 6,3% quest’anno ma che nel 2023 dovrebbe tornare a un meno allarmante +2,9%. Ma soprattutto resta “la solita lunga lista di problemi strutturali che affliggono l’economia italiana e, in particolare, il Mezzogiorno”. Quest’ultimo “ha perso di meno nel 2020, ma è cresciuto meno nel 2021 e potrebbe crescere un po’ meglio del resto del Paese nel 2022” e soprattutto è vittima privilegiata di un forte calo demografico che colpisce tutto il Paese e che, secondo l’Ufficio Studi, è “la questione cui dedicare il massimo impegno in termini di politiche di lungo termine”. Ma vediamo nel dettaglio i principali contenuti della ricerca.
A livello regionale viene confermata la consueta dicotomia Nord-Sud: tra il 1996 e il 2019 il Pil reale del Mezzogiorno è infatti cresciuto in termini cumulati solo del 3,4%, quasi cinque volte in meno rispetto alla media nazionale (15,3%) e quasi otto volte rispetto al Nord-Est (23,8%). In valore assoluto, nel 2022 il Pil pro capite al Sud è quasi la metà di quello del Nord: 20.900 euro contro i 38.600 euro del Nord-Ovest e i 37.400 euro del Nord-Est.
Nel 2022 la popolazione italiana si è ridotta di 824mila unità rispetto al 2019, il 60% nel Mezzogiorno (soprattutto in Molise, Calabria e Basilicata). Tra il 1996 e il 2019 quella del Nord è cresciuta del 9,3%, mentre quella del Sud è calata del 2%. Si tratta di “una progressiva perdita di capitale umano che rischia di comprometterne le già difficili prospettive di crescita nel medio-lungo termine”.
Tra il 1996 e il 2019 la crescita media nazionale è stata del 6,5%, con andamenti decisamente brillanti del Nord-Est (+13%) e nel Centro (+12,6%) a fronte di una contrazione di quasi tre punti nel Mezzogiorno (-2,7%), con Calabria a -8,5% e Campania a -5,8%. Nel solo 2020 il calo degli occupati ha però sfiorato i 2,5 milioni di unità e la crescita di circa 2 milioni attesa nel biennio 2021-22 non consentirà di recuperare i livelli del 2019. A livello regionale, tra il 2019 e il 2022 il Nord e il Centro sono calati di oltre il 2%, mentre il Mezzogiorno ha evidenziato un miglioramento, grazie anche alla ripresa dei flussi turistici.
Tra il 1996 e il 2019 la crescita dei consumi per abitante nel Meridione (+5%) è stata molto rispetto alle altre aree del Paese (+14,6% nel Nord-Ovest, +12,3% nel Nord-Est, +12% al Centro). Solo il Molise (+18,9%) e la Basilicata (+18,3%) sono cresciute a ritmi in linea con il resto del Paese, mentre Regioni di peso come Campania (-0,2%) e Puglia (+2,1%), hanno evidenziato molte difficoltà. In valore assoluto, nel 2022 i consumi pro capite al Sud sono pari a 15.100 euro contro gli oltre 21mila euro del Nord e i 19.800 euro del Centro.
Nonostante una ripresa nel corso del 2021 (+6,5%), il tasso di natalità delle imprese, resta inferiore ai livelli del 2019 (+6,9%). Il Nord-Est è l’area con il più basso tasso di natalità (+5,9%), mentre il Nord-Ovest, trainato dalla Lombardia, è quella più dinamica (+6,8%). In testa alla classifica troviamo il Lazio (+7,5%), mentre “fanalino di coda” è la Basilicata con un +5,2%.