L’apertura di un corridoio per far uscire le navi cariche di grano da Odessa è importante per salvare dalla carestia quei 53 Paesi dove la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l’alimentazione e risentono quindi in maniera devastante dall’aumento dei prezzi dei cereali causato dalla guerra, ma anche per ridurre l’inflazione in quelli ricchi. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare l’intesa tra Mosca Kiev e Ankara per rimuovere il blocco al porto ucraino, rivelata dal quotidiano russo Izvestia.
Con il via libera alla partenza delle navi cargo si libera – sottolinea la Coldiretti – lo spazio nei magazzini per accogliere i nuovi raccolti di grano in arrivo tra poche settimane per un quantitativo di stimato di 19,4 milioni di tonnellate, circa il 40% in meno rispetto ai 33 milioni di tonnellate previsti per questa stagione, che collocano comunque l’Ucraina al sesto posto tra gli esportatori mondiali di grano.
La guerra coinvolge gli scambi di oltre ¼ del grano mondiale con l’Ucraina che insieme alla Russia controlla circa il 28% sugli scambi internazionali con oltre 55 milioni di tonnellate movimentate, ma anche il 16% sugli scambi di mais (30 milioni di tonnellate) per l’alimentazione degli animali negli allevamenti e ben il 65% sugli scambi di olio di girasole (10 milioni di tonnellate), secondo l’analisi della Coldiretti sulla base dei dati del Centro Studi Divulga.
Il risultato è che le quotazioni delle materie prime alimentari a livello mondiale sono aumentate del 34% nell’ultimo anno secondo le elaborazioni Coldiretti su dati dell’Indice Fao a maggio. E a tirare la volata sono proprio i prezzi internazionali dei cereali cresciuti del 23,2% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, mentre i lattiero caseari salgono del 19%, lo zucchero aumenta di oltre il 40%.
Peraltro il blocco delle spedizioni dai porti del Mar Nero a causa dell’invasione russa ha alimentato l’interesse sul mercato delle materie prime agricole della speculazione che – spiega la Coldiretti – si sposta dai mercati finanziari ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati “future” uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto, a danno degli agricoltori e dei consumatori.
Un’ emergenza mondiale che riguarda direttamente anche l’Italia, un Paese deficitario ed importa addirittura il 62% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti, il 35% del grano duro per la pasta e il 46% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame, anche se è però autosufficiente per il riso di cui è il primo produttore europeo con oltre il 50% dei raccolti per un totale di circa 1,5 milioni di tonnellate di risone all’anno, anche se quest’anno in forte calo per effetto della siccità e degli alti costi di produzione.
“Bisogna invertire la tendenza ed investire per rendere il Paese il più possibile autosufficiente per le risorse alimentari facendo tornare l’agricoltura centrale negli obiettivi nazionali ed europei” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “nell’immediato occorre salvare aziende e stalle da una insostenibile crisi finanziaria per poi investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità ma serve anche contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica e le Nbt a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici.