“Negli ultimi due anni è stata la manifattura che ha tenuto in piedi il Paese. Nella prima settimana di luglio il prezzo italiano dell’elettricità è aumentato di otto volte rispetto a gennaio 2021. Inoltre, la riduzione dei flussi di gas dalla Russia e il rischio di eventuali interruzioni nei prossimi mesi, ci preoccupa molto. Dal nostro punto di vista serve trovare un equilibrio tra le esigenze di famiglie e imprese e occorre dotarsi di un piano di emergenza che minimizzi gli impatti sulle attività produttive”. Così Katia Da Ros, Vice Presidente per Ambiente, Sostenibilità e Cultura in una intervista a Nordest Economia.
Le imprese italiane stanno facendo molto bene sui fronti dell’economia circolare e dell’efficientamento energetico dei processi, infatti, secondo gli indici di efficienza della Commissione Europea l’Italia è tra i primi posti nella classifica Ue. Nel decennio 2005-2015 l’Italia ha ridotto le emissioni di CO2 di circa il 20% ed è ai primi posti nel ranking dei sistemi manifatturieri mondiali per il minor impatto ambientale. “Questi dati confermano che le imprese stanno diffusamente investendo per concorrere agli obiettivi di decarbonizzazione e di inclusione sociale che sono alla base delle politiche europee e internazionali di transizione” – ha affermato da Ros.
Ma nei settori Hard To Abate, dove l’energia costituisce una delle principali voci di costo di produzione ed è seconda soltanto al costo delle materie prime, il processo di decarbonizzione è molto più complesso, quindi secondo la Vice Presidente sarà necessario migliorare la maturità tecnologica e la disponibilità delle fonti rinnovabili, diminuire i costi e favorire l’accesso alle infrastrutture. “Sarà necessario un trade-off per definire la combinazione delle soluzioni tecnologiche e dei vettori energetici che con maggiore efficacia saranno più idonei alla decarbonizzazione” – ha spiegato Da Ros.
Molti report di sostenibilità elaborati dalle Associazioni del Sistema mostrano uno spaccato estremamente virtuoso: nell’industria della carta, che è una delle componenti più importanti della bio-economia, le emissioni di CO2, dirette e indirette, hanno conosciuto nell’ultimo decennio una costante riduzione e i consumi energetici un progressivo efficientamento. Nel comparto dell’acciaio, oltre il 35% degli investimenti delle aziende è rivolto al miglioramento delle performance ambientali, della salute delle persone e della sicurezza sul lavoro. Nel 2020 le emissioni dirette di CO2 sono diminuite del 21% rispetto al 2019. L’industria chimica ha ridotto le emissioni di gas serra del 62% rispetto al 1990 e migliorato l’efficienza energetica del 46% rispetto al 2000, e sono già in linea con gli obiettivi che l’Unione europea si è posta al 2030. “Il nostro sistema produttivo garantisce già performance elevate in relazione ai principali driver di sostenibilità ambientale. La carenza di materie prime, infatti, ha spinto le nostre imprese a fare dell’efficienza e della circolarità delle risorse una caratteristica imprescindibile”- ha osservato Katia Da Ros, che ha indicato gli interventi non più rimandabili per la trasformazione sostenibile: “lo sviluppo di tecnologie all’avanguardia, purché siano implementate direttamente nel nostro Paese e dalla nostra industria con filiere endogene e l’introduzione di misure agevolative ad hoc per importanti progetti di interesse nazionale”. Infatti, secondo Da Ros, “trovare il modo di promuovere iniziative fin dalla prima industrializzazione, non solo ci renderebbe più competitivi e performanti, ma ci aiuterebbe anche nel percorso di autosufficienza e indipendenza”.