La pressione fiscale in Italia, data dal rapporto tra le entrate fiscali e il Pil, ha raggiunto il 43,8 per cento; un livello mai toccato in precedenza. L’Ufficio studi della CGIA di Mestre segnala che il record storico raggiunto quest’anno, comunque, non è riconducibile ad un aumento della tassazione su famiglie e imprese, ma dall’interazione di tre aspetti congiunturali distinti. Il primo da un forte aumento dell’inflazione, che ha fatto salire le imposte indirette; il secondo dal miglioramento economico e occupazionale avvenuto nella prima parte dell’anno, che ha favorito la crescita delle imposte dirette e il terzo dall’introduzione nel biennio 2020-2021 di molte proroghe e sospensioni dei versamenti tributari, agevolazioni che sono state cancellate per il 2022.
Oltre a queste tre specificità, va altresì considerato che a partire da marzo di quest’anno le famiglie italiane percepiscono l’assegno unico, misura che ha sostituito le “vecchie” detrazioni per i figli a carico. Questa novità (a parità di condizioni) ha delle evidenti implicazioni sul calcolo della pressione fiscale. Se le detrazioni riducevano l’IRPEF da versare al fisco, la loro abolizione ha incrementato il gettito fiscale complessivo annuo di circa 8,2 miliardi di euro. Ricordiamo che, ora, le risorse per erogare l’assegno unico vengono contabilizzate nel bilancio statale come uscite.
In termini assoluti, infine, si segnalano che secondo i dati resi noti nei giorni scorsi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (gennaio-settembre 2022), le entrate erariali, rispetto allo stesso periodo del 2021, sono cresciute di 37 miliardi di euro: di cui 5,5 miliardi di Irpef, 8,9 miliardi di Ires e 17,8 miliardi di IVA.