DESIO – Da martedì la Terapia Intensiva dell’Ospedale Pio XI di Desio è intitolata a Giulio Ronzoni, direttore della struttura per 15 anni, prima che una malattia decidesse di strapparlo alla sua famiglia, ai suoi collaboratori e al suo ospedale.
Martedì – presenti Marco Trivelli, direttore generale di Asst Brianza, l’attuale primario Luca Guatteri e la moglie di Ronzoni, Donata Saltafossi – è stata affissa, presso l’area di accesso all’unità operativa, una targa che lo ricorda. “Un medico, un maestro, un amico” riporta e recita sobriamente.
Giulio Ronzoni s’era laureato in Medicina all’Università degli Studi di Milano, dove si era specializzato, successivamente, in Anestesia e Rianimazione. S’era formato alla “scuola” dei grandi anestesisti italiani, dei più celebrati e moderni intensivisti della Lombardia, “monumenti” della specialità che aveva scelto: Giorgio Damia, Luciano Gattinoni, Gaetano Iapichino. Aveva cominciato a lavorare al Policlinico di Milano. Anni straordinari, prima come giovane medico, poi professionista via via apprezzato da tutti i suoi colleghi.
In questo periodo Giulio Ronzoni dà il là anche al suo impegno nella ricerca e negli studi clinici e comincia a firmare diversi articoli scientifici, pubblicati sulle pagine delle principali riviste mediche internazionali.
Gli anni del Policlinico gli fanno acquisire un’autorevolezza meritata e riconosciuta dai più. Nella seconda metà degli anni ’90 è anche responsabile dell’attività anestesiologica del centro trapianti di via Francesco Sforza.
Poi il concorso a Desio, nel 2000: primario di Anestesia e Rianimazione della struttura ospedaliera che sarebbe stata, in seguito, intitolata a Papa Pio XI. Lo aveva seguito, un gruppo di giovani specialisti che erano cresciuti, a loro volta, con lui. Allora l’ospedale aveva una dotazione di oltre 300 posti letto e significativi volumi di attività. Opera a Desio per 15 anni, prima di ammalarsi: leader naturale, con grande capacità di ascolto e di comprensione dei problemi e con una strada maestra, come spiegava ai suoi: “prima i pazienti e le loro famiglie, poi la formazione dei giovani medici”.
Ronzoni arrivava ogni giorno in ospedale da Figino Serenza, nella Brianza canturina, dov’era nato nel 1956 e viveva. Qui aveva fatto scuole elementari e medie; poi si era iscritto all’Itis “Magistri Cumacini” di Como e s’era diplomato perito meccanico. Contemporaneamente – era il maggiore di 5 figli maschi di una famiglia operaia – era entrato in fabbrica, alla “Ferriera Acciaieria Orsenigo” di Figino, complesso siderurgico con grandi altiforni, richiamo di manodopera proveniente da tutta la Lombardia e anche oltre. Negli anni d’oro dava lavoro a 550 persone. Oggi non c’è più, ma a Figino e nel comasco se la ricordano bene. Poi, quella scelta di vita, forse inseguita da tempo: la decisione di iscriversi a Medicina, senza mai far venire meno – anche dopo, quando era diventato dottore e primario – le sue radici, il suo impegno sociale, il volontariato a fianco del mondo della disabilità.
Giulio Ronzoni si ammala nel 2015. Un tumore se lo porta via dopo averci convissuto due anni, lasciando la moglie, Donata Saltafossi, medico anche lei (prima medico di famiglia e poi cardiologa al Pio XI) e due figli: Martina, oggi nutrizionista, e Alberto, studente di Economia alla LIUC Business School di Castellanza
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