L’inflazione continua a pesare sul commercio al dettaglio, il cui quadro, purtroppo, resta critico in particolare per i piccoli negozi. Se il dato odierno di Istat sulle vendite del mese di novembre sembra infatti, da un lato, registrare una mini ventata positiva, con una variazione rispetto ad ottobre di +0,4% anche in volume, nel complesso la situazione non volge al miglioramento: le variazioni delle vendite, rispetto allo scorso anno, sono tutte ‘drogate’ dalla crescita dei prezzi, presentando oscillazioni positive in valore ma riduzioni in volume. Che per i piccoli negozi sono diventate un vero e proprio crollo, lasciando sul terreno il 6% del volume di vendite rispetto allo scorso anno. Così Confesercenti, in una nota.
A novembre, infatti, emerge per il totale delle vendite – rispetto allo stesso mese del 2021 – una crescita del 4,4% in valore ma una flessione del 3,6% in volume. Per quanto riguarda le diverse tipologie distributive, secondo nostre stime, la variazione dei volumi per la grande distribuzione registra -1%, mentre per le piccole superfici arriva a -6%. Considerando tutti gli 11 mesi, la variazione media in volume è comunque negativa, – 0,3%: per la GDO è quasi del +1%, mentre per le piccole superfici raggiunge il -1,3%.
Inflazione e bollette hanno, dunque, determinato una flessione dei volumi di vendita, le famiglie hanno speso di più per una quantità di beni che diminuisce. Il 2023 si prospetta difficile e le famiglie hanno quasi terminato le ‘scorte’ di risparmi con le quali hanno finora sostenuto gli acquisti, mentre proseguono le incertezze sul mercato delle materie prime alimentari e dell’energia. Per questo auspichiamo che il Governo prosegua con decisione sulla strada dei sostegni a famiglie ed imprese, a partire dal fisco: tutelare la domanda interna è prioritario per la tenuta dell’economia in questa fase delicata. Il mini-taglio del cuneo fiscale stabilito in manovra è un primo passo nella giusta direzione, ma serve una riduzione più sostanziale per avere un effetto sulla spesa delle famiglie. Una strada da percorrere potrebbe essere, come chiediamo da anni, quella della detassazione degli aumenti salariali: un intervento che darebbe una spinta alla ripartenza della contrattazione e, quindi, ai salari.