Dopo il dato in controtendenza di aprile, a maggio l’inflazione torna a scendere. Secondo le stime preliminari diffuse dall’Istat l’indice nazionale dei prezzi al consumo è infatti cresciuto dello 0,3% su base mensile e del 7,6% su base annua (era +8,2% nel mese precedente). Il rallentamento, secondo l’Istat, “appare ancora fortemente influenzato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici, in particolare della componente non regolamentata, in calo su base congiunturale. Nel settore alimentare, i prezzi dei prodotti lavorati mostrano un’attenuazione della loro crescita su base annua, che contribuisce alla decelerazione dell’inflazione di fondo (scesa a +6,1%)”.
L’inflazione acquisita per il 2023 è pari a +5,6% per l’indice generale e a +4,7% per la componente di fondo. La “inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, rallenta ancora (da +6,2% a +6,1%), così come quella al netto dei soli beni energetici (da +6,3%, registrato ad aprile, a +6,2%). L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) aumenta dello 0,3% su base mensile e dell’8,1% su base annua (in calo da +8,7% di aprile).La decelerazione del tasso di inflazione si deve, in prima battuta, al rallentamento su base tendenziale dei prezzi dei Beni energetici non regolamentati (da +26,6% a +20,5%) e, in misura minore, degli alimentari lavorati (da +14% a +13,4%), degli altri beni (da +5,3% a +5,1%) e dei servizi relativi ai trasporti (da +6% a +5,5%). Effetti solo in parte compensati dalle tensioni al rialzo dei prezzi degli alimentari non lavorati (da +8,4% a +8,9%) e dei servizi relativi all’abitazione (da +3,2% a +3,4%). I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona rallentano da +11,6% a +11,3%, come anche quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +7,9% a +7,1%).
Su base annua si attenuta la crescita dei prezzi dei beni (da +10,4% a +9,5%) e, in misura minore, quella dei servizi (da +4,8% a +4,6%), portando il differenziale inflazionistico tra il comparto dei servizi e quello dei beni a -4,9 punti percentuali rispetto al -5,6 di aprile. L’aumento congiunturale dell’indice generale si deve principalmente all’aumento dei prezzi degli alimentari non lavorati (+1,5%), dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+1,1%), degli alimentari lavorati (+0,7%) e dei servizi relativi all’abitazione (+0,3%), effetti solo in parte compensati dal calo dei prezzi degli energetici non regolamentati (-1,4%).
“La revisione al rialzo del dato del Pil nel primo trimestre – commenta l’Ufficio Studi di Confcommercio -, oltre a consolidare le attese di una crescita per il 2023 superiore all’1%, e forse prossima al punto e mezzo, continua a porre il nostro Paese tra le economie più dinamiche della fase post pandemica. La moderata ripresa dei consumi delle famiglie, legata in parte al recupero della domanda di autoveicoli, e il permanere degli investimenti in territorio positivo, sostengono il recupero della nostra economia che, al di là della piccola battuta d’arresto dei mesi finali dello scorso anno, prosegue dall’inizio del 2021. Le possibilità di mantenere un profilo di crescita vivace anche nei prossimi mesi saranno determinate dalle dinamiche inflazionistiche, dagli impatti dei tassi d’interesse e dal tenore del commercio mondiale. Nel mese di maggio, secondo le prime stime, l’inflazione italiana è tornata a rallentare attestandosi al 7,6% su base annua. Al di là dei segnali positivi provenienti dalla minor dinamicità dell’inflazione di fondo, a conferma di come le tensioni accumulate all’interno del sistema si vadano lentamente attenuando, permangono pericolose incertezze sull’orizzonte temporale entro il quale la variazione dei prezzi al consumo risulterà coerente con gli obiettivi delle autorità di politica monetaria. Allo stato attuale, questo risultato dovrebbe essere raggiunto non prima del prossimo autunno”.