La crisi energetica ha fatto crescere i prezzi dell’elettricità più velocemente in Italia rispetto agli altri maggiori paesi europei, portando ai massimi storici lo spread del prezzo pagato dalle micro e piccole imprese (MPI) italiane, mettendo sotto stress la competitività del primo paese europeo manifatturiero per occupati in imprese fino a 50 addetti.
Spread sui prezzi elettricità per MPI su livelli record – L’analisi dei dati Eurostat sui prezzi del mercato non domestico evidenzia che al secondo semestre 2022, in concomitanza con la fase acuta della bolla dei prezzi, nel segmento di riferimento per le micro e piccola impresa che comprende consumi fino a 2.000 MWh all’anno, il prezzo dell’energia elettrica al netto dell’Iva supera del 47,5% la media dell’Eurozona, divario più che doppio rispetto quello dello stesso semestre dell’anno precedente (19,9%) quando i prezzi erano già in salita ma senza incorporare ancora le pesanti conseguenze dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, esplose nell’estate dello scorso anno. Lo spread elettrico ha superato il precedente massimo di dieci anni prima (43% nel secondo semestre del 2012).
Se valutiamo la dinamica rispetto al 2019, anno di benchmark precedente al triennio che comprende pandemia e crisi energetica, nel secondo semestre 2022 i prezzi dell’elettricità per le MPI sono saliti del 72,4% in Italia a fronte del +51,6% in Eurozona.
Il Presidente di Confartigianato Marco Granelli esprime “preoccupazione di fronte ad un dato Eurostat che nel secondo semestre del 2022 indica un +47,5% dei prezzi rispetto alla media dell’Eurozona per le micro e piccole imprese. Questo dovrebbe far riflettere sull’urgenza di una riforma strutturale del finanziamento degli oneri generali del sistema elettrico che li rimuova dalle bollette elettriche per evitare che il finanziamento delle energie rinnovabili e adesso dell’autoconsumo ricada sulle piccole imprese”.
Colpita la prima manifattura europea di micro e piccola impresa – La differente evoluzione della crisi energetica sul mercato italiano determina le più pesanti conseguenze sulla competitività delle MPI proprio nel Paese che ha il maggiore numero di addetti nelle MPI manifatturiere. Nelle micro e piccole imprese fino a 50 addetti in Italia lavorano 1.894.000 addetti, in Germania 1.560.000, in Polonia 888.000, in Spagna 838.000 e in Francia 771.000. La quota di addetti nelle MPI nella manifattura è del 49,5% in Italia a fronte del 30,4% medio della media Ue.
E’ auspicabile che nell’attuale fase di rientro dei prezzi la discesa sia altrettanto più intensa per l’Italia. Se diamo uno sguardo ai prezzi al consumo si osserva che anche a metà del 2023 il processo di normalizzazione non è ancora completato. A giugno 2023 in Italia i prezzi al consumo di elettricità rimangono del 90,0% superiore alla media del 2019, un divario che è più che dimezzato in Eurozona, collocandosi al 42,4%.
Il divario dei prezzi di elettricità per il totale delle imprese – La minore competitività derivante dalla diversa velocità di crescita dei prezzi è confermata dall’esame sui prezzi per il totale imprese, esaminati dall’Ufficio Studi nell’articolo ‘Bolla dei prezzi dell’energia più ampia in Italia e normalizzazione più lenta, pubblicato ieri su QE-Quotidiano energia. Nell’ analisi del prezzo medio dell’energia elettrica per le imprese condotta da ARERA nell’ultima Relazione annuale si evidenzia che “il differenziale rispetto all’Area euro del prezzo medio lordo ponderato rispetto ai consumi delle diverse classi, che si era attestato intorno al 20% negli anni 2020 e 2021 dopo avere raggiunto quota 32% nel 2019, balza in avanti di più di 20 punti percentuali, arrivando al 43%”. Il divario sale al 52,3% sui prezzi netti (costi di energia, vendita e rete): in Italia, a fronte di un aumento dei prezzi lordi in Italia del +78,4%, i prezzi netti salgono del 124,2%, il secondo maggiore aumento dopo quello della Grecia tra i paesi dell’Eurozona, e oltre trenta punti superiore al +92,1% osservato nell’area a valuta comune.
Il divario, seppur più contenuto, si riscontra anche sul prezzo del gas per le imprese: se nel 2021 in Italia si registrava un prezzo all inclusive inferiore del 7,3% alla media dell’Eurozona, nel 2022 il divario cambia di segno – a sfavore delle imprese italiane – e si colloca all’11,8%; per i prezzi netti il divario si amplifica, salendo al 30,0%.