“Non sorprende, purtroppo, la frenata dei prestiti bancari alle imprese registrata a luglio, secondo un rapporto pubblicato oggi dal Sole 24 Ore, frenata che, in questa specifica classifica, colloca il nostro Paese in ultima posizione tra le economie maggiori dell’Eurozona”. In effetti, non si tratta di un episodio isolato, ma, come anche evidenziato da numerose analisi della Banca d’Italia, di “un vero e proprio trend che impatta principalmente sulle imprese di minori dimensioni, considerate strutturalmente più rischiose dal sistema bancario, perché più difficili da valutare tramite scoring automatici sulla scorta di database”. È quanto si legge in una nota di Confcommercio.
“L’innalzamento dei tassi di interesse voluto dalla BCE per contrastare il fenomeno inflattivo – ha proseguito la nota – agisce sul lato della domanda di finanziamenti bancari da parte delle imprese. Ma occorre interrogarsi anche sulla compatibilità del modello di sistema bancario, che si è affermato in Italia sulla spinta della regolamentazione europea, con quello della micro e piccola impresa diffusa che caratterizza il nostro sistema imprenditoriale. Un modello che effettua le proprie scelte allocative attraverso strumenti e logiche di natura per lo più “algoritmica” che standardizzano e omologano. Il nostro sistema imprenditoriale ha bisogno, invece, di un ecosistema bancario e finanziario in grado di coglierne le peculiarità”.
Relativamente al confronto in corso sulla rivisitazione del Fondo di garanzia Pmi, Confcommercio ha quindi fornito il proprio contributo con l’intento di riportare in asse sistema finanziario ed economia reale. E ciò ripristinando il focus dell’intervento del Fondo sulle imprese di minori dimensioni, quelle maggiormente colpite dal razionamento del credito, e orientando le risorse in funzione di un reale incremento complessivo del credito erogato alle imprese. Servono, allora, scelte che stimolino il sistema bancario a finanziare quelle imprese più rischiose che, a condizioni di mercato, richiederebbero più accantonamenti rispetto a quelle più “sicure”.
“Dunque – ha concluso Confcommercio – non si tratta tanto di agire sul versante della riduzione del numero delle attuali fasce di rischio, il che potrebbe anche generare l’effetto di convogliare ancor di più la garanzia dello Stato verso le imprese con rating migliore, penalizzando ulteriormente i soggetti beneficiari che rientrano nelle fasce intermedie, quanto piuttosto di rimodulare le intensità di aiuto a favore delle imprese razionate ma meritevoli”. Ciò faciliterebbe anche l’attrazione di risorse finanziarie di origine diversa, favorendo l’integrazione e la razionalizzazione di canali diversi di accesso al credito.