Crolla del 15% la produzione di riso in Italia con la raccolta appena partita spinta da un caldo anomalo di inizio autunno. E’ quanto emerge dal monitoraggio della Coldiretti in occasione dell’inizio della raccolta del cereale più consumato al mondo con oltre diecimila famiglie, fra dipendenti e imprenditori, impegnate lungo la Penisola in questa filiera produttiva.
In Italia – spiega Coldiretti – la produzione di riso è concentrata principalmente al Nord con le aree del Pavese (83.000 ettari) e di Vercelli e Novara (100.000 ettari) che insieme rappresentano il 90% della risicoltura nazionale che può contare su un totale di 211mila ettari coltivati, oltre 7500 in meno rispetto al 2022, ai minimi da trenta anni con effetti preoccupanti sull’economia e l’occupazione con l’intero ecosistema basato sulla risicoltura segnato dalla grande siccità.
Anche durante il 2023, che si posiziona in Italia al terzo posto tra gli anni più caldi dal 1800, il moltiplicarsi di bombe d’acqua, vento e grandine alternate a sbalzi termici traumatici ha pesato sul raccolto. Temperature altissime per lunghi periodi, proprio nel momento della fioritura delle spighe, hanno provocato – spiega Coldiretti – aborti fiorali che stanno purtroppo presentando il conto agli agricoltori, nonostante l’alta qualità delle produzioni italiane.
Sono infatti 200 le varietà iscritte nel registro nazionale – evidenzia Coldiretti – dal vero Carnaroli, con elevati contenuto di amido e consistenza, spesso chiamato “re dei risi”, all’Arborio dai chicchi grandi e perlati che aumentano di volume durante la cottura fino al Vialone Nano, il primo riso ad avere in Europa il riconoscimento come Indicazione Geografica Protetta, passando per il Roma e il Baldo che hanno fatto la storia della risicoltura italiana.
Gli italiani – precisa Coldiretti – consumano in media fra i 5 e i 6 chili di riso a testa con gli agricoltori che prendono meno di un euro al chilo mentre sugli scaffali i consumatori arrivano a pagare anche 4 euro, con un aumento record al dettaglio deòl+24% rispetto allo scorso anno. A pesare, oltre agli effetti del clima pazzo, sono gli squilibri causati dalle importazioni con le manovre dell’India che ha bloccato le esportazioni per spingere un aumento dei contingenti a dazio zero e cercare di alzare i limiti di tolleranza per agrofarmaci come il tricilazolo. Una situazione che ha un impatto anche sull’Italia con le importazioni di riso dall’India che sono più che raddoppiate (+155%) nel 2023 e rappresentano circa il 12% del totale delle importazioni, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat relative ai primi sei mesi dell’anno.
Infatti – spiega Coldiretti – nonostante l’Italia sia il principale produttore di riso in Europa, con il 50% dei raccolti per un quantitativo di circa 1,4 milioni di tonnellate di risone all’anno, più di un 1 pacco di riso su 4 venduto in Italia secondo la Coldiretti arriva dall’estero soprattutto da Paesi che non rispettano le stesse regole, sul piano ambientale, sociale e sanitario, in vigore nell’Unione Europea e fanno concorrenza sleale alle produzioni Made in Italy. Nelle vendite al dettaglio si sta poi affermando una nuova strategia di marketing, permessa dalla legge, con pacchi che – riferisce Coldiretti – mettono in evidenza la scritta “Riso da risotto” per poi indicare in piccolo, magari su un lato nascosto della scatola, tipologia riso Lungo A, origine in Myanmar, in Vietnam o in Cambogia. La Coldiretti consiglia quindi di verificare in etichetta che nei pacchi di ” Riso da risotto” sia indicata l’origine italiana per un prodotto coltivato secondo criteri di salubrità e di sostenibilità ambientale e sociale.
“E’ necessario che tutti i prodotti che entrano in Europa ed in Italia rispettino i criteri di sicurezza alimentare ed ambientale adottati a livello nazionale e comunitario” conclude il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che per “sostenere la produzione nazionale bisogna lavorare sugli accordi di filiera che sono uno strumento indispensabile per la valorizzazione delle produzioni nazionali e per un’equa distribuzione del valore lungo tutta la catena, dalla produzione al consumo.”