Al culto dei defunti non si rinuncia e quasi tre italiani su quattro (72%) quest’anno si recano in visita nei cimiteri per rendere omaggio ai propri cari in occasione del ponte di Ognissanti e dei morti, donando come tradizione un fiore o una pianta. È quanto emerge dal sondaggio condotto dalla Coldiretti che conferma il legame con una ricorrenza che resta tra le più radicate della tradizione nazionale.
Il crisantemo – sottolinea la Coldiretti – continua dunque ad essere il dono preferito in occasione della ricorrenza soprattutto per la sua bellezza e lunga durata, anche se non manca chi fa scelte alternative. Si stima che saranno almeno 10 milioni i crisantemi, tra fiori e vasi, acquistati assieme a molti altri varietà del florovivaismo Made in Italy.
Anche se la produzione è in calo del 5-10% a livello nazionale a causa dei cambiamenti climatici, i prezzi al dettaglio – riferisce la Coldiretti – sono rimasti sostanzialmente invariati rispetto allo scorso anno, da 1,50 a 3 euro per gli steli mentre se si tratta di fiori in vaso o di mazzi con più fiori si va dai 5 fino ad oltre 20 euro, con una tendenza all’aumento fino al 20% per acquisti last minute. La produzione di crisantemi in vaso si concentra soprattutto in Liguria, Toscana, Piemonte, Veneto e Lombardia mentre per quelli recisi i territori più vocati sono quelli del Centro Sud come Sicilia, Puglia, Campania e Lazio per i crisantemi recisi e per i crisantemi in vaso.
I crisantemi si possono infatti acquistare come steli recisi e in vaso nelle diverse forme (pon pon, a dalia, a fiore grande, ad anemone, a margherita e spider) con uno o più fiori per stelo, anche in ciotola nella nuova forma a “cuscino rotondo”, e – precisa la Coldiretti – nei diversi colori tradizionali (giallo, bianco) ai quali si sono aggiunte varianti di tendenza di quest’anno che vanno dal viola scuro al prugna fino ai colori “bruciati” in genere. La tendenza 2023 è quella di scegliere le varietà più piccole rispetto a quelle tradizionali più grandi. La produzione del crisantemo è sicuramente una delle tecniche più complesse del florovivaismo italiano, basti pensare al fatto che – spiega la Coldiretti – occorre “programmare” la fioritura, dosando le ore di buio e di luce con la copertura delle piante in funzione del momento in cui i fiori verranno messi in commercio. Il crisantemo o fiore d’oro (dal greco chrysòs (oro) e ànthemon (fiore) viene coltivato in Cina ben cinque secoli prima di Cristo. In Europa, i primi crisantemi furono diffusi alla fine del 1700, prima in Francia, poi in Italia, e in Inghilterra.
Il consiglio, laddove possibile è di acquistare gli omaggi floreali direttamente dai vivaisti italiani, anche in considerazione del fatto che gli arrivi di fiori dall’estero sono in costante aumento (+7% nei primi sette mesi del 2023 secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat) con il rischio di acquistare, magari a caro prezzo, prodotti che hanno viaggiato per migliaia di chilometri prima di arrivare sui banchi di vendita e che sono quindi destinati ad appassire ben prima di quelli italiani.
L’Italia resta comunque leader nella produzione di piante e fiori in Europa. Un giardino – precisa la Coldiretti – che copre oltre 30.000 ettari di terreno che si estendono dal sud al nord e dalla pianura, alla collina, fino alla montagna, con un impatto importante dal punto di vista della tutela del territorio ma anche da quello occupazionale. Il florovivaismo Made in Italy vale, infatti, 2,5 miliardi di euro con 200mila occupati in 21.500 aziende agricole, secondo l’analisi della Coldiretti.
Un patrimonio del Paese sul quale pesano però – rileva Coldiretti – gli effetti del clima e delle tensioni internazionali. Da un lato ci sono i cambiamenti climatici con lunghi periodi di siccità e caldo anomalo intervallato da gelate improvvise, che stanno mettendo a dura prova le piante, con gli attacchi di insetti, come cimici, miridi, tripidi e la bega del crisantemo, favoriti dal caldo che ha allungato il periodo di presenza, che hanno provocato una riduzione della produzione, il cui raccolto è stato ostacolato anche dalla mancanza di manodopera. Dall’altro ci sono – conclude Coldiretti – le conseguenze economiche e commerciali legate alla guerra e al difficile momento a livello globale che impattano sui costi di produzione, dai fertilizzanti agli imballaggi, dalla plastica dei vasetti alla carta delle confezioni fino al gasolio per il riscaldamento delle serre e alle spese di trasporto in un paese come l’Italia dove l’85% delle merci viaggia su gomma.