TORINO – I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Torino, coordinati dalla Procura della Repubblica torinese, hanno dato esecuzione – nei confronti di un noto imprenditore immobiliare del capoluogo piemontese – a tre distinti decreti di sequestro preventivo emessi d’urgenza dal Pubblico Ministero procedente (tutti poi convalidati dal competente Giudice per le Indagini Preliminari del locale Tribunale) in relazione ai profitti delle condotte di “frode fiscale” accertate, per un importo complessivo di circa 6,6 milioni di euro, nonché a un decreto di sequestro preventivo emesso dal predetto Giudice per le Indagini Preliminari in ordine ai profitti rivenienti dalle connesse condotte di autoriciclaggio, per circa 540 mila euro.
Le pertinenti indagini, condotte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Torino su delega della citata Procura della Repubblica, sono state finalizzate a ricostruire – per gli anni d’imposta dal 2019 al 2022 – l’effettiva operatività e i redditi dell’indagato, nella cui disponibilità (in quanto diretto proprietario oppure per il tramite di entità giuridiche di vario genere, strumentalmente interposte) sono risultate molteplici unità immobiliari, corrispondenti a circa 1500 particelle catastali, identificative di altrettanti appartamenti, box, posti auto, soffitte, cantine e locali vari, destinati a locazione.
A tal fine si è tenuto anche conto degli esiti – partecipati alla Procura della Repubblica del capoluogo piemontese – degli accertamenti svolti nel corso del 2022 dagli investigatori del Dipartimento Corpo di Polizia Locale di Torino, il quale (congiuntamente con la propria Divisione Protezione Civile, Sicurezza ed Emergenza) effettua costantemente il monitoraggio di stabili ove sono segnalate problematiche di convivenza civile e di sicurezza urbana, con verifiche di regolarità edilizia nonché di conformità e sicurezza degli impianti tecnologici a servizio delle unità immobiliari, delle condizioni di igiene degli appartamenti e della legittima titolarità degli abitanti a occupare i singoli appartamenti.
Tali verifiche avevano riguardato anche taluni immobili riconducibili all’indagato, rilevando tra l’altro anomalie nei contratti di locazione e nei pagamenti delle pigioni tra la proprietà (rappresentata da società o associazioni di promozione sociale) e le persone occupanti.
L’articolata e approfondita attività di polizia giudiziaria successivamente sviluppata al riguardo dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Torino ha preso le mosse dall’analisi della notevole mole di dati acquisita attraverso le banche dati in uso alla Guardia di Finanza circa la gestione del suddetto considerevole compendio immobiliare. Successivamente, sono stati avviati appositi riscontri in ordine alla peculiare realtà imprenditoriale che si andava profilando nel corso delle investigazioni, arricchendo il quadro indiziario mediante il ricorso a un’estesa attività di osservazione e pedinamento nonché di intercettazione telefonica.
È in tal modo emerso come il dominus indiscusso del presunto sistema evasivo individuato fosse un noto imprenditore del settore immobiliare torinese, operante sulla scena cittadina da diversi decenni, soprattutto nel segmento delle locazioni.
In proposito, è stato rilevato che la maggior parte degli immobili riconducibili all’indagato si concentra nelle aree urbane delle città di Torino considerate più “delicate”, ove vengono destinate alla locazione, talora anche in condizioni precarie, a persone appartenenti alle fasce più deboli della popolazione, in primis cittadini extra-unionali, sovente mediante contratti di cui è stata riscontrata l’intestazione a persone diverse dagli effettivi inquilini.
L’operatività dell’indagato – ferma restando, chiaramente, la presunzione di innocenza fino a compiuto accertamento delle responsabilità – è risultata particolarmente insidiosa, in quanto lo stesso, in ipotesi d’accusa, avrebbe schermato la propria attività di gestione degli immobili ricorrendo alla strumentale costituzione e interposizione di molteplici entità giuridiche, dalla varia natura (società a responsabilità limitata, società in accomandita semplice, società semplici, associazioni di promozione sociale, cooperative, imprese individuali, per complessivi 18 soggetti, singolarmente privi di strutture e organizzazione autonomamente idonee a produrre redditi). Ciò al verosimile e prioritario scopo di ostacolare e indurre in errore l’Amministrazione finanziaria e di occultare l’evasione fiscale connessa ai canoni di locazione immobiliare non dichiarati e/o percepiti “in nero” attraverso le predette entità.
Su disposizione del Pubblico Ministero titolare delle indagini sono state inoltre eseguite perquisizioni locali presso l’abitazione dell’indagato e gli uffici ove si svolgeva e veniva gestita la relativa attività imprenditoriale.
In tale occasione, anche con l’ausilio di unità cinofile “cash dog” della Guardia di Finanza, presso l’abitazione dell’indagato sono stati tra l’altro rinvenuti e sottoposti a sequestro oltre 270 mila euro in contanti, abilmente occultati, anche in doppifondi ricavati nel mobilio.
L’ingente mole di documentazione (cartacea e informatica, anche di natura extracontabile) reperita attraverso le perquisizioni è risultata preziosa per la prosecuzione delle attività di indagine e per confermare le ipotesi investigative elaborate dai militari operanti, che hanno quindi potuto procedere a un accurato esame “comparativo” con le risultanze degli accertamenti bancari, parallelamente esperiti.
Gli investigatori hanno ottenuto ulteriori utili indizi anche dalle dichiarazioni rese dai diversi soggetti sentiti in atti, inclusi i collaboratori dell’imprenditore.
All’esito di tali complesse attività è stato conclusivamente ricostruito il reddito presuntivamente imputabile all’indagato, traslando in capo allo stesso – in conformità all’ipotesi accusatoria – i redditi d’impresa delle varie entità giuridiche a lui riconducibili. Ciò in ragione del fatto che tale sorta di “gruppo” è risultato gestito quale un unicum di fatto indistinto, sul piano economico e finanziario, come desumibile dalla generale commistione di immobili, canoni, società e fondi, dalla pervasiva promiscuità nella gestione del patrimonio personale e di quello societario, dalla discordante e falsa attribuzione delle categorie di destinazione degli immobili e dall’inattendibilità dei bilanci depositati dalle varie componenti del “gruppo”.
Sulla scorta del quadro indiziario ricostruito viene pertanto contestato all’indagato il reato di frode fiscale, per aver compiuto operazioni simulate soggettivamente, consistite nel frapporre entità giuridiche di varia natura tra la sua persona e i beni immobili a sé riconducibili e comunque avvalendosi di altri mezzi fraudolenti, idonei a indurre in errore l’Amministrazione finanziaria e a ostacolarne l’attività di accertamento, con particolare riferimento ai redditi rivenienti dalla propria attività di gestione immobiliare.
Dai redditi risultati non dichiarati discenderebbe un’IRPEF di un importo complessivo, quantificato dagli investigatori, di circa 6,6 milioni di euro, corrispondenti al profitto del delitto di “frode fiscale” contestato all’imprenditore.
In tale quadro, l’attività investigativa è stata anche rivolta alla ricostruzione, attraverso la documentazione bancaria acquisita agli atti dell’indagine, dei flussi monetari correlabili alla “re-immissione” nel mercato finanziario del predetto profitto delittuoso, ossia delle forme di impiego in attività economiche, finanziarie o imprenditoriali dell’illecito risparmio d’imposta.
Attraverso la minuziosa ricostruzione degli acquisti di strumenti finanziari effettuati nel periodo d’interesse si è pervenuti all’individuazione degli investimenti in attività finanziarie che l’imprenditore ha potuto effettuare grazie all’evasione fiscale ricostruita, con conseguente contestazione anche della condotta di autoriciclaggio. È stato quantificato in circa 540 mila euro il profitto tratto da questo ulteriore reato, pari alle cedole, ai dividendi e ai capital gain percepiti sul portafoglio titoli formatosi con l’investimento dei proventi dell’evasione fiscale.
Al riguardo, la Procura della Repubblica di Torino ha disposto, con tre distinti decreti d’urgenza, il sequestro preventivo dei profitti della “frode fiscale” accertata e ha ottenuto l’adozione di un analogo provvedimento da parte del competente Giudice per le Indagini Preliminari in ordine ai proventi delle descritte condotte di autoriciclaggio.
All’esito delle pertinenti attività di esecuzione, curate dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Torino, sono state sottoposte a vincolo, complessivamente, disponibilità finanziarie dell’indagato per oltre 7 milioni di euro, corrispondenti all’intero importo da sequestrare.