MILANO – Finiti i tempi in cui si puntava il dito contro radio e tv: ora il terreno di violazione, vera o presunta, della par condicio in ambito regionale sono gli enti locali. È quanto emerge dalla conferenza stampa tenutasi oggi, a Palazzo Pirelli, a cura del Corecom Lombardia, dal titolo “Comunicazione istituzionale e par condicio: boom di segnalazioni”.
Nel corso della conferenza, il Presidente del Corecom Cesare Gariboldi ha presentato i dati emersi dal recente lavoro svolto dal Comitato nella gestione delle segnalazioni di violazione della legge 28 del 2000 – la legge sulla par condicio – in occasioni delle elezioni europee e amministrative 2024.
“Su 65 segnalazioni pervenute al Corecom, un numero altissimo rispetto al passato, 55 puntano il dito contro pubbliche amministrazioni e solo 1 si riferisce a un’emittente radiofonica – ha evidenziato Gariboldi -. Cambiano, inoltre, i canali di diffusione della violazione: su 86 attività di comunicazione segnalate, solo 18 riguardano media tradizionali, giornali e volantini cartacei, mentre le restanti 68 si riferiscono a piattaforme online, social in particolare”.
L’articolo 9 della legge sulla par condicio stabilisce che dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto le amministrazioni pubbliche non possono svolgere attività di comunicazione a eccezione di quelle impersonali e indispensabili. “Non si può pensare oggi di mettere in gabbia la comunicazione istituzionale per almeno due mesi precedenti alle elezioni, con importanti ripercussioni sui cittadini e sull’Ente. È un concetto del tutto anacronistico, oltre che nocivo – ha aggiunto il Vicepresidente del Corecom con delega alla par condicio Maurizio Gussoni -. Il Corecom, per questa ragione, ha cercato di seguire un indirizzo interpretativo di buon senso e per certi aspetti più “moderno”, cercando di non sanzionare i Comuni per il semplice utilizzo del logo istituzionale su una locandina o per la foto di un sindaco con le bandiere alle spalle”.
Distinzione netta, dunque, tra comunicazione istituzionale e propaganda politica e vigilanza attiva da parte degli organismi deputati al controllo; questo non deve però portare a “ingessare l’attività di comunicazione in maniera indiscriminata, anche quella di Enti non coinvolti nelle consultazioni in corso. Una prima e necessaria modifica alla disciplina vigente, che cercheremo di portare all’interesse nazionale, dovrebbe quindi mirare a restringere il divieto di comunicazione istituzionale alle sole amministrazioni direttamente interessate dalle consultazioni elettorali in atto. L’auspicio – concludono Gariboldi e Gussoni – è che si avvii una riflessione politica che superi l’applicazione rigida e acritica del divieto così come oggi è concepito”.